VERBANIA - 28-12-2020 -- La soffiata era arrivata ai carabinieri da una delle “lavoratrici” di quella casa d’appuntamenti di Arona, che aveva rivelato l’esistenza di un giro di prostituzione di ragazze sudamericane facente capo –così disse, chiamandola in causa– a una donna di nazionalità ucraina e al compagno italiano. È iniziata così, nel 2016, l’indagine che ha portato la Procura a denunciare e a portare a processo la coppia che, residente in provincia di Varese, è finita alla sbarra per sfruttamento della prostituzione, detenzione a fini di spaccio di stupefacenti e per furto. Da queste ultime accuse, sorte dopo una perquisizione domiciliare (lui ha dichiarato che la cocaina rinvenuta era per uso personale) e proprio in seguito alle denunce della prostituta (di fatto ritrattate in aula), entrambi sono stati assolti. Non dal più grave reato di sfruttamento della prostituzione, per il quale entrambi sono stati condannati a 4 anni e 600 euro di multa ciascuno, con 5 anni di interdizione dai pubblici uffici come pena accessoria.
Il pm Nicola Mezzina aveva chiesto 4 anni e 3 mesi per tutti i capi d’imputazione, ritenendo provato il vantaggio che la donna, intestataria dei contratti d’affitto di quei due appartamenti di Arona utilizzati, per pochi mesi del 2016, come postribolo, avesse dall’attività delle sudamericane che praticavano il mestiere. Il collegio presieduto da Donatella Banci Buonamici (giudici a latere Rosa Maria Fornelli e Annalisa Palomba) ha respinto la tesi difensiva secondo la quale la parte offesa -la denunciante- non fosse totalmente credibile e che, sì, pur consapevoli di ciò a cui servivano i due appartamenti, cioè alla prostituzione di alcune donne che lo facevano per libera scelta, senza costrizione, gli imputati non ne avessero tratto profitto.