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tribunale 17

VERBANIA - 02-02-2021 -- Una lettera di scuse e un risarcimento per ritirare la denuncia e considerare chiuso il caso. È stata la piazza virtuale di Facebook, croce e delizia dei social network, a ospitare il botta e risposta tra una donna sulla quarantina residente nel Verbano e un assessore di un comune ossolano. Era la fine del 2019 e il tema, manco a dirlo, era la sanità. Nei giorni in cui era stato annunciato che alle porte di Domo si sarebbe costruito un nuovo ospedale del quale quello di Verbania sarebbe stata la succursale, il dibattito s’era fatto infuocato. Alimentata dal fuoco di un campanile mai del tutto spento in questo territorio, le dita sulla tastiera erano corse eccessivamente per la donna che, rivolta all’amministratore, s’era espressa con eccessivo livore e con una serie di epiteti dei quali, letti a posteriori, s’è anche vergognata.

Lui sporse denuncia e la Procura di Verbania, individuando in quelle frasi una palese diffamazione, l’ha mandata a giudizio. Quel giudizio che, col senno di poi e riconoscendo d’aver decisamente esagerato, ha spinto l’imputata ad accordarsi per il ritiro della querela. Lei, che essendo stata malata aveva un interesse diretto nella difesa della qualità dei servizi sanitari nel Verbano, ha chiesto scusa e ha risarcito, chiudendo il caso prima che il processo s’aprisse.

È la prova di come, al di là di chi ha ragione (o pensa di averla) e di chi ha torto, l’uso dei social network spesso è troppo “disinvolto” e, nonostante sfogarsi dietro una tastiera può sembrare innocuo, in realtà è una pratica che può produrre pesanti effetti collaterali.