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VERBANIA - 19-05-2021 -- Un dedalo di società (anche offshore) gestite da prestanome, scatole cinesi utilizzate per “schermare” la vera proprietà dei beni e sottrarli al più che probabile sequestro d’una maxi-evasione fiscale. È su questa tesi del pm Fabrizio Argentieri che il Tribunale di Verbania ha condannato l’immobiliarista Giovanni Parodi, la moglie Graziella Pollino e la figlia Sara Parodi. Due anni e mezzo per i primi due, un anno e tre mesi per la terza (con il doppio beneficio della sospensione della pena e della non menzione), con l’interdizione dai pubblici uffici, il risarcimento provvisionale di 500.000 euro all’Agenzia delle entrate e la confisca delle quote del centro commerciale dei laghi di Gravellona sino all’importo di 5,6 milioni sono le pene stabilite dal giudice Annalisa Palomba, che ha chiuso lunedì un lungo iter giudiziario iniziato nel 2016.

I fatti contestati ruotano attorno alle attività immobiliari e imprenditoriali della famiglia Parodi e, soprattutto, alla società Comet, proprietaria del centro commerciale gravellonese situato tra lo stadio Lucchini e l’autostrada A26 che, dopo alcuni passaggi societari anche esteri, è finito in capo a Pollino e Sara Parodi.

Nell’indagare sull’evasione fiscale di 5,6 milioni di euro prodotta da altre società riconducibili a Parodi ma amministrate da terze persone ritenute teste di legno, prestanome, la Procura arrivò a ottenere il sequestro della Comet, ora affidata a un commissario e, se la sentenza sarà confermata in via definitiva, confiscata per l’ammontare della somma dovuta.

Decisivi sono stati i documenti acquisiti durante la perquisizione degli uffici personali di Giovanni Parodi a Gravellona che, nella tesi accusatoria, avrebbero dimostrato come dietro a tutte quelle operazioni estere ci fosse l’imprenditore il cui scopo, sapendo di aver provocato lui (insieme a un prestanome) l’evasione fiscale legata alla vendita di un complesso immobiliare nel Rodigino, temeva che gli fosse sequestrato il Centro dei laghi.

Una tesi, quella della sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (capo d'imputazione contestato a tutti e tre, mentre per l'evasione solo a Parodi e Pollino), negata dagli avvocati della difesa, Stefano Campanello e Roberto Macchia, secondo i quali quel capo d’imputazione era del tutto inconsistente. Circa l’evasione fiscale hanno sostenuto non esserci prova di un coinvolgimento dei loro assistiti.