1

bossi cs 26

VERBANIA - 26-05-2021 -- Una manomissione consapevole e concordata, non sporadica, una forzatura alle norme di sicurezza che, quando è accaduto l’improbabile (ma non imprevedibile), ha causato la tragedia. È questa la tesi con la quale la Procura di Verbania ha disposto, all’alba di stamane, il fermo delle tre principali figure della funivia Stresa-Mottarone. L’accusa, nei loro confronti, è di concorso in rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, un articolo del codice penale che, al comma secondo (cioè se il fatto provoca un disastro o un infortunio), prevede la reclusione da 3 a 10 anni. È una fattispecie più grave dell’omicidio colposo plurimo con il quale era stato aperto, inizialmente contro ignoti, il fascicolo d’indagine coordinato dalla Procuratrice capo Olimpia Bossi e dal sostituto Laura Carrera.

In carcere ci sono Luigi Nerini, 56 anni, imprenditore di Verbania residente a Baveno, amministratore e socio unico delle Ferrovie del Mottarone srl, la società di gestione; il 63enne Gabriele Tadini, di Stresa, direttore del servizio e dipendente della società; e l’ingegnere d’origine torinese ma residente a Biella Enrico Perocchio, 51 anni, consulente esterno che ricopre il ruolo di direttore operativo della funivia.

Ieri sera, dopo che le immagini del freno d’emergenza bloccato dal cosiddetto “forchettone” hanno fatto il giro del mondo e s’è accreditata la tesi dell’errore umano, gli inquirenti hanno accelerato le indagini, convocando i dipendenti per raccoglierne le deposizioni.

È stato Tadini che, ammettendo l’utilizzo del “forchettone”, ha dato il la ai fermi. Passato da testimone a indagato, ha proseguito il racconto assistito da un avvocato d’ufficio. Nerini e Perocchio, quest’ultimo fatto venire da Biella nel cuore della notte, non sono nemmeno stati sentiti e, attorno alle quattro, dopo aver ricevuto la notifica del fermo, sono stati accompagnati nella casa circondariale di Verbania. L’imprenditore è difeso dall’avvocato Pasquale Pantano di Milano, il professionista dall’avvocato Andrea Da Prato di Lucca.

Attendono l’udienza di convalida del fermo, che dovrebbe tenersi venerdì.

La ricostruzione della lunga notte in caserma l’ha resa oggi ai media la Procuratrice Bossi: “Il freno d’emergenza era stato disattivato per scelta, una decisione non di un singolo ma condivisa e soprattutto, ahimè, non limitata a quel giorno” – ha detto accreditando la tesi del dolo eventuale e non più della colpa.

È emerso che l’impianto aveva avuto ultimamente un malfunzionamento ai freni d’emergenza che per due volte i tecnici hanno provato a risolvere. Quegli interventi non erano andati a buon fine e, anziché fermare le corse per effettuare una verifica più approfondita, la società ha preferito andare avanti ignorando l’allarme.

Il forchettone è stato inserito più volte, non sappiamo se in maniera costante o solo quando c’erano difetti di funzionamento – ha aggiunto –. Di sicuro domenica non era il primo giorno. Certo, nessuno si aspettava che la fune cedesse”.

Su questo aspetto, cioè sul perché il cavo traente s’è spezzato, si attendono i riscontri dei tecnici. Già domani la Procura dovrebbe nominare un suo consulente per un primo sopralluogo. Poi dovrà disporre l’incidente probatorio che va eseguito alla presenza di tutti gli indagati e dei loro periti.