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VERBANIA - 29-05-2021 -- È attesto entro stasera il provvedimento del gip sui tre fermi -e sulle eventuali misure cautelari- disposti mercoledì dalla Procura di Verbania nei confronti degli indagati per la tragedia del Mottarone. Sono terminati attorno alle 16,30 gli interrogatori di Gabriele Tadini, Enrico Perocchio e Luigi Nerini che, secondo il procuratore capo Olimpia Bossi e il sostituto Laura Carrera, sono responsabili -a vario titolo e in concorso tra loro- della manomissione del freno d’emergenza della funivia che poco dopo le 12 di domenica s’è schiantata al suolo dopo che s’era spezzata la fune trainante dell’impianto. Nell’incidente hanno perso la vita 14 persone e una quindicesima è ricoverata in ospedale.

Tadini, caposervizio dell’impianto con una lunga esperienza, è stato sentito per primo. Assistito dall’avvocato Marcello Perillo, ha confermato quanto riferito nel primo interrogatorio, cioè la manomissione del freno d’emergenza con il “forchettone” che ha bloccato i freni d’emergenza, non attivatisi quando la rottura della fune ha fatto scivolare la cabina verso valle. Quell’operazione, vietata, l’aveva effettuata -domenica ma anche altre volte nelle ultime settimane- perché i freni davano noia e scattava un allarme per un problema che precedenti manutenzioni straordinarie non avevano risolto. Non voleva, insomma, bloccare l’impianto per una manutenzione più lunga. Tadini, sentito per oltre tre ore, ha ribadito quanto già sostenuto, ammettendo l’omissione ma spiegando che non s’aspettava che la fune si spezzasse. Il suo avvocato ha chiesto almeno gli arresti domiciliari.

Dopo di lui sono stati sentiti Perocchio, ingegnere consulente esterno alla società di gestione che, per legge, è direttore dell’impianto. Finora non era mai stato interrogato perché, nella convulsa notte dei fermi, era stato convocato nella caserma dei carabinieri di Stresa e, giunto sul posto da Biella (dove risiede), ha ricevuto il provvedimento che l’ha portato in carcere. Difeso dall’avvocato Andrea Da Prato, ha negato di essere mai stato a conoscenza della pratica di bloccare i freni “che è pericolosissima e scellerata” - ha detto Da Prato. “Tadini dice di aver informato l’ingegnere – ha aggiunto –. Come? Quando? Per telefono? E-mail? Pec? In realtà agli atti ci sono le dichiarazioni di alcuni dipendenti manutentori di ditte esterne che, sentiti, affermano il contrario”. Da Prato ha chiesto al gip di non convalidare il fermo.

“La sicurezza non è un affare dell’esercente” - ha riferito all’uscita dal carcere Pasquale Pantano, il legale di Nerini. Il socio unico e amministratore della società, anch’egli mai sentito finora dagli inquirenti, ha dato la sua versione dei fatti. Pantano non entra nei dettagli ma ribadisce: “Lui credeva che l’impianto fosse a posto, perché la sicurezza era delegata per legge alle altre figure. Non sta a me dire se e chi tra gli altri ha sbagliato, né lo so dire. La società pagava 150.000 euro l’anno per la manutenzione, a prescindere da quanti interventi fossero necessari. Non aveva interesse a non fare i controlli, né a fermarla in un periodo di bassissima stagione”.

Il gip Donatella Banci Buonamici, chiusi gli interrogatori, s’è riservata una decisione che, ha fatto sapere, comunicherà entro la serata.