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cota roberto
La bilancia della giustizia è in bilico, tra giustizialismo e garantismo. Questo è quello che emerge dalla cronaca di questi giorni. Due casi, molto diversi tra loro, fanno discutere: politici, giornalisti e gente comune. Si tratta della tragedia del Mottarone e della vicenda Ilva. Per quanto riguarda il primo, due dei tre indagati fermati sono stati posti in libertà, per quanto riguarda il secondo, i fratelli Riva sono stati condannati a 20 e 22 anni e l'ex Presidente della Regione Puglia a tre anni e sei mesi di carcere. Si tratta di pronunciamenti non definitivi e, con riferimento alla vicenda del Mottarone, siamo addirittura alla fase cautelare, ma il tema è quello di una giustizia in sintonia con la pancia della gente piuttosto che rispondente soltanto ai principi del diritto.
La Gip di Verbania ha voluto riaffermare che per mettere in carcere delle persone prima di una sentenza definitiva servono gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari puntualmente allegate. Non importa che cosa si aspetta la gente e quale sia il clamore mediatico che riveste il caso. I Giudici di Taranto, invece, hanno adottato un pronunciamento perfettamente in linea con l'umore giustizialista. Certo, una tragedia come quella della funivia o temi quali l’inquinamento ambientale e il mancato rispetto della sicurezza sul lavoro e la tutela della salute si esorcizzano facilmente individuando dei colpevoli a cui farla pagare. Francamente, con riferimento all’ILVA, da avvocato, non riesco a capacitarmi di come due imprenditori che hanno investito comunque milioni di euro in un’attività molto complicata che, per definizione, inquina, possano ricevere una condanna in termini quantitativi paragonabile a quelle di boss che si macchiano di omicidi efferati. La tipologia di reato è diversa. Anche la parte della sentenza che riguarda Vendola mi lascia basito: ha agito con l’intento di salvaguardare dei posti di lavoro, non per interesse personale. Può aver sbagliato, ma non è un concussore. E’ difficile dire queste cose, perché l’onda crescente dei giustizialisti vuole vedere colpevoli da sbattere “in galera buttando via la chiave” e non importa se questo furore prescinde dalla questione dei risarcimenti alle vittime, per i quali dovrebbero intervenire anche le assicurazioni. La dea della giustizia viene raffigurata bendata non perché la giustizia deve essere cieca, ma perché deve essere libera da condizionamenti esterni.
Buona domenica e buona settimana.
Roberto Cota