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cabina vista alto mottarone

VERBANIA - 15-06-2021 -- Si cerca nelle memorie di computer e telefonini la verità sul disastro della funivia di Stresa. Ieri sono iniziate a Palazzo di giustizia le operazioni preliminari per i rilievi tecnici irripetibili sui supporti informatici sequestrati dagli inquirenti agli indagati. Sono 23, tra smartphone, personal computer e dispositivi di memorizzazione, gli apparecchi che la Procura ha posto sotto sequestro. Appartengono alla società Funivie del Mottarone, al suo socio unico e amministratore Luigi Nerini, al caposervizio (dipendente) Gabriele Tadini e al direttore d’esercizio Enrico Perocchio, figura esterna alla società.

La Procura -il fascicolo è in mano al procuratore capo Olimpia Bossi e al sostituto Laura Carrera- ha nominato quale suo consulente informatico l’ingegner Michele Vitiello di Brescia, che ieri ha avuto formalmente l’incarico e lunedì, nel suo studio, inizierà a lavorare creando le copie forensi dei supporti, che analizzerà fornendo le sue conclusioni entro 90 giorni. Questa fase si tiene alla presenza delle parti, cioè delle difese -e dei loro consulenti- dei tre indagati, ma anche delle parti civili, perlopiù parenti delle 14 vittime e dell’unico sopravvissuto al disastro del 23 maggio. La Procura ne ha individuate una quarantina. Molti di loro hanno già nominato un legale e ieri diversi avvocati hanno raggiunto Verbania per partecipare al conferimento dell’incarico.

Questa fase delle indagini si concentra su una delle cause del disastro, il mancato funzionamento dei freni d’emergenza della cabina 3 che, al momento della rottura della fune traente, è scivolata all’indietro lungo il cavo portante accelerando oltre i cento orari prima di scarrocciare e finire nel vuoto, schiantandosi nel bosco. Acclarato che ciò è accaduto per la decisione del caposervizio di Tadini di imbrigliare i freni che avevano problemi (perdevano pressione e scattavano nonostante du interventi di manutenzione effettuati nelle settimane precedenti) inserendo i cosiddetti “forchettoni”, due ceppi di metallo che hanno impedito alle ganasce di stringersi alla fune portante e alla cabina di bloccarsi. Questa circostanza, confermata dallo stesso Tadini -che è agli arresti domiciliari- va chiarita soprattutto in rapporto alle persone e ai ruoli rivestiti dagli altri dipendenti, collaboratori e fornitori della funivia. “Sapevano un po’ tutti” è la frase che, riferita dal caposervizio durante l’interrogatorio che ne ha poi portato al fermo, va approfondita per stabilire le responsabilità.

Non è detto che, dalle analisi dei supporti informatici, emerga altro, anche in riferimento alla manutenzione e alla concausa del disastro, la rottura della fune traente, per la quale il gip Elena Ceriotti ha disposto, su richiesta della difesa di Tadini, l’incidente probatorio nominando come primo consulente di un collegio da completare, l’ingegner Antonio De Luca, docente all’Università Federico II di Napoli.