L’Afghanistan sta per cadere definitivamente nelle mani dei talebani che ormai sono arrivati alle porte di Kabul. La decisione degli USA di abbandonare il campo ha spalancato la strada ai fondamentalisti. Venti anni di missione, un trilione di dollari spesi, migliaia di vittime... Tutto inutile. Anche la presenza italiana appena terminata è andata incontro allo stesso destino. Herat, dove era dislocato il nostro contingente, è già passata sotto il controllo jiadista. Joe Biden nei primi mesi di mandato ha ratificato la scelta di far partire il contingente americano, ma la decisione parte da lontano e da una valutazione strategica fatta da Obama che, per smarcarsi, aveva descritto come sotto controllo una situazione che invece era assai complicata. Non c’è dubbio che questa inversione di rotta cambierà di molto gli equilibri geopolitici: lo spazio lasciato dagli americani verrà occupato dai cinesi che metteranno insieme potere e affari. Negli USA le priorità da tempo sono cambiate e l'opinione pubblica non accetta più l’enorme costo di esser i “poliziotti del mondo” e da qui la decisione di lasciare il campo libero agli jiadisti in mancanza di un concreto e attuale pericolo per il territorio americano. L’ attenzione alla pancia del consenso interno non è stata solo una caratteristica di Trump e sull’Afghanistan ha una matrice democratica. L’Italia e gli altri alleati della NATO hanno subito il dietrofront che non ha rappresentato il massimo della correttezza: in realtà non c’è stato coinvolgimento e men che meno dibattito politico. Probabilmente non c'era alternativa, ma ci si accorge, appunto, oggi degli effetti di una scelta che viene da lontano. Del resto, da noi la tendenza è quella di affrontare il problema del giorno.