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rindi paolo
COSSOGNO – 08.02.2016 – “Non dimenticate Paolo”.

L’appello è della famiglia di Paolo Rindi, il ventenne studente varesino disperso in Val Grande. Sabato è stato il quarto giorno – uno in più dei protocolli ufficiali – di ricerche a tappeto da parte di soccorritori e forze dell’ordine. L’ultimo giorno prima dello stop forzato, che lascia nell’angoscia i genitori e la sorella dello studente che era partito per un trekking nel Parco nazionale come premio per aver passato con il massimo dei voti un esame all’università.

Il padre del giovane varesino ha contattato gli amministratori locali e ha chiesto loro di riattivare le ricerche o, comunque, di fare in modo che il “caso” non venga dimenticato. È conscio che le speranze di ritrovare il figlio vivo sono ridotte al lumicino, ma non si arrende. L’appello è stato raccolto dal sindaco di Cossogno, Doriano Camossi, che ha dato la sua disponibilità. “Ho già contattato la Forestale e la Guardia di finanza – dice –. Qualcosa faremo, come per esempio diffondere un volantino, affiggerlo alle bacheche, farlo circolare tra gli escursionisti che verranno nelle prossime settimane. Se c’è una traccia che possa permettere di ritrovare Paolo, la dobbiamo cercare”. Per far partire nuove ricerche, però, serve organizzazione. “Il Soccorso alpino e gli altri enti che si sono prodigati per i soccorsi hanno fatto il massimo – dice – e vanno elogiati. Non escludo che, magari quando migliorerà il tempo, si potranno coinvolgere volontari o altre persone. Ma serve un coordinamento e la strumentazione necessaria, dalle radio al gps”.

Paolo ha dato notizie di sé per l’ultima volta domenica 31 gennaio, quando ha mandato un sms alla mamma dicendo di aspettarlo alle 15,30 di martedì a Cicogna. Mancato l’appuntamento, la donna ha fatto scattare l’allarme. Nei giorni successivi sono stati ricostruiti gli ultimi suoi spostamenti: il pernottamento al bivacco di Pian di Boit tra il 30 e il 31 e un paio di escursionisti incrociati sul sentiero Pogallo-Cicogna il 1° febbraio. Sono stati perlustrati tutti gli alpeggi e è stato anche scandagliato – in condizioni proibitive, con l’acqua gelida – il rio Pogallo. Sabato è stato impiegato un cane molecolare razza Bloodhound, capace di isolare una singola traccia olfattiva e seguirla. E oltre agli elicotteri, sono stati impiegati i droni. Ancora oggi, mentre i carabinieri hanno cercato tra le telecamere poste all’esterno della Val Grande le tracce di un eventuale allontanamento volontario – ipotesi ritenuta improbabile anche dalla famiglia, ma comunque considerata proprio per non lasciar nulla al caso – s’è iniziato a visionare i filmati in alta definizione registrati dal drone.

Paolo era vestito con un giubbotto e pantaloni mimetici, un berretto di lana verde scuro e uno zaino da 80 litri dello stesso colore, tutti difficili da distinguere a occhio nudo. Le tracce sono poche, il giocane non si trova. Ma nessuno vuole arrendersi.