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VERBANIA - 18-10-2021 -- Quattro anni di carcere per le gravi lesioni provocate a un neonato. È stata condannata alla stessa pena chiesta dal pm, senza nemmeno il riconoscimento delle attenuanti generiche, la 36enne che, mentre accudiva il figlio d’una amica, lo scosse al punto da provocargli un’emorragia cerebrale.

Alessandro (un nome di fantasia) aveva 13 mesi e, nella difficile famiglia in cui era venuto al mondo -il papà, allora detenuto, è nel frattempo deceduto; mentre la mamma, che ha patteggiato per abbandono di minore, ha perso la patria potestà- capitava che fosse gestito da terzi. Accadde nel settembre del 2016, in un fine settimana in cui la mamma se n’era andata col compagno dell’epoca in Lombardia ad acquistare droga.

L’imputata l’avrebbe dovuto accudire, ma al ritorno Alessandro era catatonico, con gli occhi riversi all’indietro. Si muoveva a malapena e vomitava. Si spaventò e chiamò il 118. La corsa dell’ambulanza, l'arrivo in ospedale, il trasferimento in elicottero da Domodossola a un centro specializzato di Torino. Gli era accaduto qualcosa di grave che fu individuato dai medici in un grave problema neurologico, un’emorragia cerebrale provocata dagli urti del cervello nel cranio, una patologia che la narrativa scientifica classifica tra i maltrattamenti e che viene chiamata “sindrome del bambino scosso”.

Alessandro fu ricoverato per quasi cinque mesi in ospedale e ha riportato un trauma che non è escluso possa essere permanente. Lo si saprà solo nel corso degli anni ma, nel frattempo, per le lesioni gravi che gli furono provocate cinque anni fa, l’amica di famiglia-baby sitter è stata condannata a una pena severa, che s’accompagna al risarcimento provvisionale di 10.000 euro a testa riconosciuto oggi dal giudice alle parti civili, la curatela del bambino e la nonna paterna.