MILANO - 29-10-2021 -- Nessun patto tra “fratelli” massoni, né favori per aggiustare le sentenze. Non ci fu corruzione -la più grave delle accuse- nell’ufficio del giudice di pace di Verbania Carlo Crapanzano. Oggi il gup del Tribunale di Milano Sofia Fioretta ha assolto coloro che, a vario titolo, erano alla sbarra per corruzione in atti giudiziari, abuso d’ufficio, dare o promettere utilità. Sono gli imprenditori Gaetano Romano, Alessandro Dresco e Oscar Tacchi, e l’avvocato Rosalba di Fede. Tutti ossolani, gravitavano nella sfera di influenza di Crapanzano. Già giudice di pace (si dimise il giorno successivo alla notifica dell’informazione di garanzia), avvocato, docente di diritto alle superiori ed esponente politico a livello locale del partito Coraggio Italia, era entrato insieme a Romano, Dresco e Tacchi nella loggia Alam (Antichi liberi e accettati muratori) di Novara, di cui il magistrato era diventato anche gran maestro.
Secondo la tesi sostenuta nelle indagini dalla Procura meneghina, in virtù di questo loro rapporto e mediante l’avvocato Di Fede, alla quale gli imprenditori avevano concesso in comodato gratuito un appartamento a Domo come alloggio e studio (l’ipotetico provento della corruzione), si sarebbero impegnati per orientare procedimenti civili a proprio vantaggio. La tesi della corruzione è stata completamente smontata dal gup. Nel processo con rito abbreviato concluso oggi, lo steso pm Paolo Filippini aveva già avanzato richieste di pene alternative nel caso che la corruzione fosse stata derubricata ad abuso d’ufficio. È stato in parte così, perché se gli imprenditori e l’avvocato sono stati assolti con formula piena, l’ex giudice di pace è stato in parte assolto, ma anche condannato.
Due anni è la pena (sospesa) stabilita per due casi di abuso d’ufficio e per l’accesso abusivo al sistema informatico delle forze dell’ordine.
L’abuso d’ufficio secondo il codice penale è il comportamento del pubblico ufficiale che, in violazione di leggi o regolamenti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un vantaggio ingiusto o cagiona un danno ingiusto. La condanna riguarda una multa cancellata -poi ripristinata in appello dal tribunale civile di Verbania- nel 2018 a un automobilista sorpreso dal telelaser in superstrada a 192 orari (limite 90) con la motivazione che la Polstrada avrebbe dovuto contestargliela subito, fermandolo. L’altro è un analogo ricorso accolto a Dresco nel medesimo anno.
Risale al 2018 pure l’accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine. Tacchi aveva chiesto a Crapanzano notizie su una persona che aveva preso a frequentare un familiare. Lui, secondo l’accusa con l’inganno, le aveva ottenute tramite un ufficiale della polizia locale domese che aveva chiesto il controllo a un poliziotto.
L’indagine era partita nel 2018 proprio dall’annullamento di una multa e, per competenza territoriale, trasferita da Verbania a Milano. La notizia era diventata di pubblico dominio nel maggio del 2019, con le perquisizioni e la consegna delle informazioni di garanzia.