ROMA - 12-11-2021 -- Il mondo dello sport e del giornalismo piangono oggi Giampiero Galeazzi. Bisteccone, come era stato soprannominato negli anni ‘70 in Rai, quando aveva iniziato il mestiere di cronista portando in tv il suo fisico da ex atleta, è stato il volto e la voce di tante imprese sportive. Soprattutto di canottaggio e di canoa, discipline che aveva praticato in gioventù e che ha consacrato al grande pubblico con gli appassionanti racconti -tra gli altri- dell’epopea olimpica dei fratelli Abbagnale e di Antonio Rossi e Beniamino Bonomi.
Con Verbania c’era anche una sorta di legame di famiglia. In acqua, infatti, il giovane Giampiero, nato a Roma 75 anni fa, era stato messo da papà Rino, cresciuto a Pallanza. Originario di San Donà di Piave, negli anni Venti aveva traslocato sul Verbano insieme alla famiglia, trasferitasi per lavoro. Le spiccate doti atletiche, dopo un tentativo di carriera calcistica (fece un provino anche per il Milan), si concentrarono sul canottaggio. Atleta della Canottieri Pallanza, in gialloblù ottenne prestigiosi risultati nazionali e internazionali, mancando per poco la convocazione per le Olimpiadi di Los Angeles del 1932. Ciò gli valse l’ingresso nell’Accademia di Educazione fisica della Farnesina. Trasferitosi a Roma, dove s’è spostato e ha messo su famiglia, fu a lungo tecnico del Tevere Remo, club in cui seguì il figlio Giampiero, canoista e canottiere di buon lignaggio come il papà.
Galeazzi più volte aveva raccontato delle sue ascendenze verbanesi e con il Lago Maggiore, dove aveva anche gareggiato da giovane. Il rapporto s’era idealmente rinsaldato quando, tra gli anni ‘90 e Duemila, fu il cantore delle imprese di Beniamino Bebo Bonomi, la prima e finora unica medaglia d’oro olimpica della città di Verbania.