VERBANIA - 03-12-2021 -- Quasi quattro anni a lui, uno alla sorella. Sono pesanti le pene con cui il Tribunale di Verbania ha giudicato i fatti avvenuti nel tardo pomeriggio del 1° maggio scorso di fronte a un bar di Intra. Protagonisti due fratelli di Verbania originari dell’Albania: Maringlen e Marinela Stojani. Trentotto anni lui, trentatré lei, quel giorno si trovavano all’esterno del locale di via XXV Aprile nel momento in cui un’auto civetta della polizia, impegnata in controlli straordinari anti-Covid, passò loro davanti. “Sai chi sono questi? Sono sbirri di merda” fu la frase che, detta da lui a lei e udita all’interno dell’abitacolo dai poliziotti (tre, tra cui un dirigente) in borghese, li fece fermare e tornare indietro per un controllo dei documenti, presto degenerato con parole grosse e una colluttazione.
Marinela si frappose tra gli agenti e il fratello e venne immobilizzata con la forza, non prima di aver strappato dalla fondina alla cintola -probabilmente nella foga del momento, dato che la Procura non ha proceduto per questo fatto- la pistola di uno di questi.
Alla vista della congiunta trattenuta, Maringlen perse il controllo e, tra minacce e insulti, oppose una strenua resistenza fisica, che si protrasse per parecchi minuti, richiedendo l’arrivo di due pattuglie di rinforzo per completare l’arresto dei due, portato a termine con fatica e dopo aver utilizzato lo spray al peperoncino.
Il bilancio, tra le forze dell’ordine, fu di cinque poliziotti visitati al Dea, uno dei quali ha riportato la frattura del pollice e, quindi, ha avuto una prognosi superiore ai 40 giorni.
La parte finale della scena, avvenuta sotto gli occhi di numerosi passanti, fu ripresa con lo smartphone da una donna affacciata al balcone sovrastante il bar e, diffusa ai media dall’avvocato dei due imputati Gabriele Pipicelli per sottolineare le -a suo dire- eccessive modalità dell’arresto, fece discutere.
Quel video, acquisito al processo, è stato interpretato dal pm Sveva De Liguoro come la prova di un arresto adeguato alla vigorosa resistenza dei due fratelli, per i quali ha chiesto pene severe. Cinque anni e mezzo per Maringlen, accusato di lesioni aggravate e resistenza, con l’aggravante della recidiva specifica infraquinquennale e senza le attenuanti generiche poiché da agosto non s’è più presentato a firmare in caserma come disposto dal giudice all’atto della convalida; undici mesi per Marinela, accusata di lesioni semplici e resistenza.
La difesa ha puntato sulla violenza gratuita dei poliziotti, sull’uso smodato della forza fisica dei poliziotti sui due giovani, soprattutto su Maringlen “trattato – ha detto l’avvocato Pipicelli – come un animale, buttato a terra come un maiale e ammanettato a pancia in giù dopo che gli era stato spruzzato il peperoncino spray in faccia e faticava a respirare”.
Tre dei poliziotti si sono costituiti parte civile e, con l’avvocato Canio Di Milia, hanno chiesto 2.000 euro l’uno i due con le lesioni lievi, 10.000 -con 5.000 di provvisionale- quello che ha riportato la frattura del pollice.
Il giudice Beatrice Alesci ha accolto le tesi dell’accusa e, riconoscendo a tutti e due gli imputati le attenuanti generiche, li ha condannati. L’uomo a 3 anni e 9 mesi, con 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e 4.500 euro di provvisionale al poliziotto; la sorella a un anno con il beneficio della sospensione condizionale della pena. Entrambi dovranno rifondere più di 5.000 euro di spese legali alle parti costituite.