VERBANIA - 12-12-2021 -- Un turbinio di carta, un giro di fatture emesse tra le società “di famiglia” ma anche verso altre -una quindicina distribuite tra Vco, Novarese e la provincia di Brescia- per aggiustare i bilanci e, ridotti gli utili, abbassare le tasse. È questo il meccanismo che, nel 2014, la Guardia di finanza scoprì nei controlli fiscali effettuati su alcune imprese cusiane operanti nel settore dei metalli riconducibili alla famiglia De Leo-Maione. Passando al vaglio la contabilità dal 2009 al 2014, emersero diverse violazioni tributarie legate alle dichiarazioni fiscali dei relativi anni di imposta, alterate mediante l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. Al di là di chi, realmente, forniva la prestazione, la contabilità veniva sistemata in modo che il reddito delle imprese fosse più basso e si risparmiasse su Iva e Irpef.
Dopo una lunga attività di indagine, la Procura ha identificato come responsabile di questo sistema, amministratrice di fatto di alcune aziende, Carla De Leo. L’imprenditrice è stata rinviata a giudizio per più capi d’imputazione, per l’emissione di fatture false per oltre 3 milioni di euro e per un’evasione fiscale superiore a 1,4 milioni.
Al termine di un lungo dibattimento e di un procedimento iniziato nel 2019, il Tribunale di Verbania l’ha condannata a 2 anni e 4 mesi di reclusione, poco meno dei tre anni chiesti dal pm Anna Maria Rossi. Dal processo è uscito, perché la sua posizione è stata stralciata a seguito di patteggiamento, il fratello Franco De Leo.