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cabinovia mottarone

STRESA - 28-12-2021 -- Le prime parole del gestore Luigi Nerini, il racconto di un ex dipendente che lancia gravi accuse dietro l’anonimato, il conflitto di interessi del direttore d’esercizio Enrico Perocchio e le imbarazzanti ammissioni degli organi pubblici di controllo. Ieri sera la trasmissione di Rai3 Report ha mandato in onda il servizio girato nelle scorse settimane tra Stresa e Verbania per raccontare, a 7 mesi dai fatti, la tragedia del Mottarone.

Annunciato come foriero di rivelazioni e di fatti esclusivi, l’approfondimento di Walter Molino ha, non solo tracciato la cronaca di quanto accaduto dal 23 maggio a oggi, ma ha gettato alcune ombre. La prima è la totale inadeguatezza dei controlli da parte degli enti preposti. A partire dall’Ustif, Ufficio speciale trasporti a impianti fissi che, a livello nazionale, gestisce (da gennaio non lo farà più direttamente, perché accorpato all’Ansfisa, l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali nata dopo il crollo del ponte Morandi) 1.300 impianti a fune in tutto il Paese.

In Piemonte sono circa 200 e vengono controllati da tre dipendenti. L’ha detto, intervistato telefonicamente, Ivano Cumerlato, direttore dell’ufficio di Torino, che ha ammesso di poter poco per la carenza di personale. E che, incalzato sul potenziale conflitto di interessi di Enrico Perocchio, che era allo stesso tempo direttore d’esercizio della funivia del Mottarone e dipendente di Leitner (la società che ha in esclusiva le manutenzioni), dopo aver detto che “non era il non plus ultra degli ingegneri”, ha ammesso di sapere che fosse dipendente ma che l’Ustif non è tenuto ad acquisire i contratti quando dà il proprio benestare alla nomina.

Più esplicito è stato il direttore nazionale dell’Ansfisa, Domenico De Bartolomeo: “lo dice il termine stesso, il ‘libero professionista’, deve essere libero”. Alla domanda sulla sua posizione, Perocchio, sentito al Tecnoparco a margine dell’udienza dell’incidente probatori in corso sui rottami della cabina, ha negato declinando altri commenti.

Ha invece parlato per la prima volta pubblicamente Nerini, il socio unico e amministratore delle Ferrovie del Mottarone, che ha in parte scaricato su Leitner. “Pagavo 150.000 euro l’anno per le manutenzioni ordinarie e straordinarie, con una formula kasko, con l’obbligo di intervenire entro 8 ore lavorative. L’avido forse non sono io”.

Leitner, indagata come società e attraverso alcuni suoi manager, a sua volta subappaltava i controlli ad altre ditte che, nel caso della cabina precipitata, più volte -e non sempre tempestivamente- erano intervenute per sistemare i freni d’emergenza che davano problemi. A proposito di questi inconvenienti, al centro dell’indagine, un ex dipendente ha raccontato che, nel 2019, ha subito pressioni e minacce di licenziamento da Nerini e, prima, dal caposervizio Gabriele Tadini (anch’egli indagato, e che ha confessato di aver manomesso i freni d’emergenza) perché riteneva che la vettura non potesse circolare. Di questi colloqui esiste un audio agli atti dell’inchiesta, mandato in onda ieri.

Coperto dall’anonimato, un dipendente ha detto che la società incamerava soldi in nero e che nei bilanci, sempre in attivo negli ultimi anni, queste somme non figuravano.