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DOMODOSSOLA - 04-02-2022 -- Ossola e Domodossola protagonista al Rotary Milano Nord. Martedì scorso ha partecipato alla riunione del prestigioso sodalizio milanese presieduto quest’anno dal domese Stefano Pasquali la dottoressa Cristina Zambonini “la ragazza dai tre cuori”.

Il Presidente del club presenta brevemente la relatrice della serata, Cristina Zambonini, chiedendole di cominciare il suo intervento raccontando della nomina a Cavaliere della Repubblica che ha ricevuto lo scorso autunno a soli 35 anni. La prima reazione di Cristina è stata di grandissima sorpresa e poi una fortissima emozione; il momento della nomina in cui tutte le guardie si inchinano ti fa quasi sentire in una favola – ha aggiunto. L’onorificenza le è stata attribuita “per il suo esempio di forza d’animo e per l’appassionato contributo nella promozione della cultura del dono” - Mattarella le ha detto “grazie per tutto quello che fai” al momento della nomina. Alla cerimonia di novembre 2021 erano presenti i premiati di due anni poiché nel 2020 – a causa della ben nota pandemia – non era stato possibile organizzarla. Cristina è la fondatrice dell’associazione benefica “Cuori 3.0” nata per svolgere attività di beneficenza e supporto per persone in attesa di trapianto cardiaco, cardio-trapiantati e per le loro famiglie. Fondata nel 2017 insieme alle sue amiche più care, l’ha chiamata così perché nel suo petto batte il terzo cuore: ha subito due trapianti nel giro di 11 anni. Aveva 20 anni quando ha subito il primo trapianto, era molto giovane e si è aggravata in fretta e quindi era la prima della lista trapianti: il cuore compatibile è arrivato nel giro di un mese. L’ha operata il dott. Gamba che ha eseguito il cambio di organo in soli 16 minuti (l’intervento nella sua completezza è ovviamente durato di più). A 31 anni ha avuto un problema di rigetto e quindi si è reso necessario un secondo trapianto: stavolta non aveva più la priorità e trovare un cuore era come trovare un ago in un pagliaio. La sua vita è stata appesa a un filo per giorni ma lei non si è persa d’animo. Alla fine, il cuore è arrivato e dopo essere stata salvata per la seconda volta, Cristina ha deciso di fondare l’associazione per sensibilizzare le persone alla cultura del dono, perché la donazione è un grande gesto che trasforma la morte in nuova vita. Anche semplicemente donare il sangue è una cosa importante e lei lo faceva fin da ragazza, prima di sapere quanto la donazione sarebbe stata fondamentale nella sua vita. Lo scopo di Cuori 3.0 non è solo sensibilizzare ma anche dare supporto a chi ha subito trapianti e alle loro famiglie: sono riusciti a costituire una vera e propria community che rappresenta un importante punto di riferimento e l’opportunità di condividere la propria esperienza sentendosi capiti fino in fondo, visto che ci si interfaccia con persone che stanno passando le stesse vicende. A causa della pandemia, negli ultimi due anni si sono spesso riuniti online – prima si organizzavano anche pranzi e cene insieme – questo da una parte ha complicato le cose ma dall’altra ha permesso di espandere ulteriormente la community in tutta Italia venendo meno il problema della distanza. Il Presidente Pasquali chiede come il Rotary possa aiutare Cuori 3.0. Cristina risponde che Cuori 3.0 collabora con varie Onlus – anche se più che collaborazioni le piace chiamarle alleanze – con l’obiettivo di fare opere benefiche insieme e si può trovare il modo di collaborare anche con il Rotary (in fondo già questa serata sta contribuendo a diffondere la sensibilizzazione sull’importanza della donazione degli organi). La relatrice arricchisce la sua esposizione toccando temi come la gestione della rabbia e i rapporti con le famiglie dei donatori. Oggi vediamo Cristina serena e ci parla della sua esperienza con garbo e coraggio, trasmettendoci il suo entusiasmo: non è quello che ti aspetteresti da una persona che ha vissuto la sua difficilissima esperienza per ben due volte. Cristina ci spiega che questa serenità è frutto di un percorso lungo di analisi interiore, meditazione, yoga che l’ha portata a guardarsi dentro (cosa non facile a 19/20 anni). La prima volta c’era più incredulità che rabbia, perché fino a pochi mesi prima faceva molti sport e scalava montagne e poi di colpo non riusciva a fare nemmeno tre gradini. Aggiunge: “La seconda volta ho provato molta rabbia, perché avevo finalmente superato quel brutto periodo; ero felice, laureata e con una mia attività appena avviata. Ma ero anche più matura, sapevo che la rabbia ti consuma dentro e non ti porta a nulla; quindi mi sono concessa un solo giorno di grande rabbia e poi quell’energia l’ho veicolata dove serviva di più. Non so spiegare nemmeno io di preciso come ci sia riuscita”.

Ci racconta inoltre che a Bergamo nel reparto ci sono sia adulti che bambini: nei momenti di rabbia e tristezza basta fare un giro per i corridoi e vedere bambini che nonostante siano collegati alle macchine ridono e giocano. Se ci riescono loro devo riuscirci anche io! – si diceva Cristina.

Toccando il tema delle famiglie dei donatori, Cristina dice che è un equilibrio davvero delicatissimo e quindi è meglio che ci sia l’anonimato del donatore. Se entrambe le parti lo vogliono, possono scavalcare l’anonimato ma non c’è un tramite ufficiale; si può usare il centro nazionale trapianti per far avere un messaggio alla famiglia del donatore ma al momento non è prevista la possibilità di incontrarsi.