VERBANIA - 05-02-2022 -- La sentenza che condanna Vincenzo Consoli a quattro anni per ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto è la prima, penale, che chiama in causa gli ex amministratori di Veneto Banca. Sono passati quattro anni e mezzo da quando l’istituto di credito di Montebelluna, molto forte nel territorio di Vco e Novarese per aver inglobato la Banca popolare di Intra, fu messo in liquidazione coatta amministrative e le sue attività cedute a Intesa Sanpaolo.
Da allora gli azionisti, nella stragrande maggioranza dei casi quei correntisti allettati a investire i propri risparmi nella loro banca di fiducia, hanno iniziato una lotta a oltranza che, per alcuni, significa ancora adesso frequentare le aule di tribunale.
La storia è nota. Veneto Banca, che non può più nascondere i buchi nei suoi conti, cerca di puntellarsi con aumenti di capitale. Vende le azioni, spesso prestando i soldi per compiere quelle operazioni conosciute poi col termine di “baciate”, ai suoi clienti. Non gli basta perché, anche sotto la pressione di Bankitalia e delle autorità di vigilanza, sfumate possibili fusioni e acquisizioni, semplicemente crolla.
Un venerdì sera, a borse chiuse, il governo vara un decreto legge che la pone, al pari dei cugini di Banca popolare di Vicenza, in liquidazione coatta amministrativa. Le azioni, già ampiamente svalutate, s’azzerano del tutto e 80.000 soci si ritrovano senza più niente in mano.
Fioccano le denunce, si aprono indagini un po’ dappertutto. A Roma parte il processo a Consoli e altri dieci che, trasferito poi a Treviso, è finito ieri con la condanna del solo ex amministratore delegato e direttore generale, unico imputato
A Verbania il sostituto Sveva De Liguoro ne istruisce uno per truffa aggravata in concorso che, chiamando in causa anche i dipendenti che, in filiale, avevano materialmente venduto le azioni a 44 parti civili, termina anch’esso con il rinvio a Treviso. Nella Marca quel procedimento, istruito da capo e aggiunto agli altri filoni partirà il 12 febbraio con la prima udienza preliminare nei confronti di Consoli e di altri quattro manager con l’ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla truffa.
A Roma, invece, è in corso il procedimento contro PriceWaterHouseCooper Spa e la sua amministratice italiana, che devono rispondere di ostacolo alla vigilanza, illecito amministrativo dell’ente e falsità nelle relazioni e nelle comunicazioni dei responsabili della revisione. Avrebbero, in sostanza, alterato le relazioni sul bilancio che hanno sottovalutato lo stato di crisi della banca, mantenendo alto il prezzo delle azioni.
Sullo sfondo resta la bancarotta fraudolenta. Con la decisione del tribunale di Treviso, confermata dalla Corte d’Appello di Venezia (s’è in attesa della pronuncia della Cassazione) di dichiarare insolvente Veneto Banca, s’è aperta la possibilità di nuove contestazioni per un reato grave -la bancarotta- che ha tempi di prescrizione molto lunghi e che, oltretutto, scattano dal momento in cui viene accertata l’insolvenza.
In tutti i procedimenti, spesso tramite associazioni di consumatori, sono costituiti parte civile i risparmiatori, verso i quali è stato attivato anche il Fir, il Fondo di indennizzo risparmiatori istituito dal governo verso chi pensava di investire con sicurezza nelle banche (non solo Veneto Banca) e, invece, ha perso tutto.