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GAMBAROGNO - 06-02-2022 -- L’emergenza non è ancora del tutto rientrata e, ora, si teme il riaggravarsi dello scenario di crisi. È trascorsa una settimana esatta dallo scoppio dell’incendio del monte Gambarogno, al confine tra Italia e Svizzera. Il fuoco non bene spento di due escursionisti elvetici che hanno bivaccato una notte all’alpe Neggia, ha originato un rogo che, alimentato dal vento e favorito da due mesi di siccità, ha interessato duecento ettari di bosco e costretto a lasciare temporaneamente casa una cinquantina di residenti di Indemini.

Le fiamme, che nei primi giorni hanno fatto davvero paura, sono state spente ma sotto la terra secca covano i focolai. Anche oggi i vigili del fuoco italiani hanno dato supporto ai colleghi svizzeri monitorando con droni e telecamere termiche il versante montuoso al di qua e al di là della dogana. Gli occhi elettronici restituiscono piccoli punti rossi che equivalgono a zone “calde” in cui potrebbe ripartire il rogo. Il cauto ottimismo delle autorità ticinesi oggi ha dovuto fare i conti con l’allerta vento di livello tre che MeteoSuisse ha diffuso oggi pomeriggio in previsione della sera e della nottata.