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don giuseppe rossi

CALASCA CASTIGLIONE- 25-02-2016- Venerdì 26 febbraio è il 71° anniversario

del martirio di don Giuseppe Rossi, parroco di Castiglione, trucidato a 32 anni dai nazifascisti la sera del 26 febbraio 1945. Il programma delle celebrazioni prevede per domenica 28 la santa messa alle ore 10 celebrata nella chiesa di San Gottardo, sotto al quale sono custodite le spoglie mortali del servo di Dio traslate nel 1991 dal paese nativo di Varallo Pombia. Per l'occasione si ricorderà anche don Severino Cantonetti, successore di don Rossi per 65 anni, scomparso a novembre a 96 anni.

 

Dal sito della dicoesi di Novara:

DON GIUSEPPE ROSSI - martire della carità

Nacque a Varallo Pombia il 3 novembre 1912, da Gerolamo Rossi e Deambrogio Angela. Poveri, umili e semplici i suoi genitori, dal temperamento forte e volitivo, disposti ad ogni lavoro e sacrificio pur di far fronte alle necessità della propria casa. Per questo il padre dovette emigrare per molti anni in Francia. La mamma, contadina, divideva la sua giornata tra il lavoro nei campi, e quello saltuario in casa d'altri. Per molti anni la bassa novarese vide mamma Angiolina nella faticosa campagna della monda e della raccolta del riso, pur di poter far fronte anche alle necessità del figlio in Seminario. In questo clima di ristrettezza e di sacrificio si temprava lo spirito di Giuseppe per la sua grande missione di Buon Pastore.

Giuseppino frequentava assiduamente la parrocchia, seguito con cura da don Giovanni Preti, che poi tanta parte avrà nella sua vocazione e che, conscio dell'importanza dell'oratorio, promuoveva varie iniziative, quali il teatro. Allora il timido e riservato Giuseppino diventò il protagonista di tutti i drammi rappresentati a getto continuo: 'Piccolo parigino', 'Yvonnik Tradek', ecc. Specialmente Yvonnik: visse talmente il personaggio da strappare commozione e lacrime a tutti gli spettatori (potremmo dire tutta la popolazione) accorsi alle numerose repliche. E Yvonnik diventò il suo nome, anche negli anni di seminario.

Nello studio del catechismo, poi, Giuseppino, già impegnato nell'aiuto ai genitori in campagna, nella scuola e nelle lunghissime prove delle recite, lo imparò talmente bene da meritare il primo premio (tra un centinaio di ragazzi) nel concorso di Plaga ad Arona e si classificò tra i primi nel concorso diocesano di Novara.

Terminata la quinta elementare entrò in Seminario e il 29 giugno 1937 veniva ordinato Sacerdote a Novara da S. E. Mons. Castelli. Sull'immaginetta dell'ordinazione scrisse il motto che poi distinguerà tutta la sua vita sacerdotale "Darò tutto quanto ho / anzi darò tutto me stesso / per le anime vostre" (S. Paolo).

Dopo un anno di pratica pastorale il vescovo mons. Castelli lo destinava alla parrocchia di Castiglione Ossola, dove faceva il suo ingresso il 30 ottobre 1938. Con lui si trasferiva a Castiglione la sorella Maria, che doveva poi per prima apprendere e sopportare la tragica fine del fratello Sacerdote.

A Castiglione si dedicò con vero zelo al suo ministero sacerdotale pur tra gravi sacrifici imposti non solo dalla difficoltà di raggiungere le varie frazioni di cui era composta la parrocchia, per raggiungere le quali doveva salire e scendere a piedi per sentieri impervi, ma anche per la critica situazione politica che si aggravava sempre più con il sopraggiungere della guerra.

Varie volte gli si presentò l'opportunità di fuggire per porre in salvo la sua vita, ma non volle mai abbandonare la sua gente. Questa fedeltà al suo motto sacerdotale lo portò poi al martirio. La mattina del 26 febbraio 1945 alcuni camions di militi entravano in Valle Anzasca diretti a Macugnaga. Giunto all'ultimo ponte prima del paese fu colpito da alcune bombe a mano gettate dai partigiani che si erano appostati nei boschi sovrastanti; vi furono due morti e numerosi feriti. L'orologio del campanile, intanto, suonava le nove; questo suono venne interpretato come un segnale lanciato ai partigiani.  I militi, inferociti, bruciarono immediatamente le case della frazione Paita ed entrarono poi in paese radunando circa 45 ostaggi rinchiusi in due case che si trovavano sulla provinciale. Lì installarono pure il loro presidio. Fra gli ostaggi - quasi tutti vecchi, donne e bambini (gli uomini erano fuggiti in montagna) - si trovava anche il parroco don Giuseppe che in quell'occasione si mostrò ancora "pastore" del suo gregge, incoraggiando e rianimando tutti, sicuro che i militi avrebbero sfogato su di lui la propria rabbia. Prima di sera quasi tutti gli ostaggi vennero rilasciati e anche don Giuseppe ritorno in casa parrocchiale dove la sorella Maria lo aspettava con la cena pronta. Di nascosto alcuni compaesani lo consigliarono di fuggire perchè era chiaro che i militi lo cercavano per ucciderlo, ma don Giuseppe volle rimanere al suo posto, convinto che la sua missione era di rimanere al servizio della sua gente fino all'estremo sacrificio della vita.

Proprio durante la cena quattro militi bussarono di nuovo alla porta chiedendo a don Giuseppe di seguirli ancora per essere nuovamente interrogato. In realtà lo portarono nella frazione sottostante, Colombetti e da qui lo fecero scendere, strattonandolo e malmenandolo, fin nei pressi di un vecchio mulino abbandonato. Lo colpirono più volte con pietre e con il calcio del fucile, mentre lo obbligavano a scavare con le proprie mani la tomba in una terra gelida e dura. Ormai tramortito e morente venne infine ucciso con il classico colpo di grazia.

Nessuno in paese seppe nulla per un'intera settimana; i vecchi cercarono inutilmente il loro parroco nei dintorni. Solamente dopo una settimana il 4 marzo 1945 una donna del paese - su indicazione di un milite pentito - ritrovò il corpo di don Giuseppe, diede l'allarme; la salma, dopo essere stata lavata e ricomposta alla meglio, fu portata in casa parrocchiale e visitata con commozione da tutto il paese e da molte altre persone giunte da tutta la valle. I militi cercarono di incolpare i partigiani di questo assassinio affiggendo un manifesto sui muri del paese, ma nessuno vi credette. Dopo i funerali la salma venne tumulata nel cimitero del suo paese natale Varallo Pombia.

Nel 1991, però, dopo varie insistenze e suppliche, l'attuale parroco, don Serverino Cantonetti - sostenuto e aiutato da tutto il paese - riuscì a riportare il corpo di don Giuseppe nella chiesa parrocchiale di Castiglione, ove ora riposa, venerata dalla sua gente e da tutta la Diocesi.