VERBANIA - 10-02-2022 -- Un passivo di 43 milioni di euro, un patrimonio di poco superiore ai 6, villette e capannoni che non si riescono a vendere. Sono queste le “macerie” di Saia, capolinea di un’avventura politico-economico-sociale nata nel 1980, quando l’industria era ancora il settore trainante del Verbano Cusio Ossola, allora propaggine settentrionale della provincia di Novara.
Realizzare aree artigianali industriali utili ai distretti per favore sviluppo e lavoro fu il compito che si assunse il pool di enti locali e realtà imprenditoriali che diedero vita a Saia Spa. In Società aree artigianali e industriali -questo l’acronimo- il pubblico era socio per il 52%. Nell’ultima compagine azionaria figurano Finpiemonte partecipazioni (la Regione) col 28,59%, Vco Servizi (partecipata di ConSerVco) col 10,47%, Comunità montana Valle Ossola (10,08%), Provincia del Vco (2,76%), Camera di commercio del Vco (2,52%), Camera di commercio di Novara (2,10%) e Provincia di Novara (1,95%). I soci privati, in minoranza, oltre a Veneto Banca in liquidazione (10,35%), Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco popolare-Bpm (10,08% a testa), sono Confartigianato, Unione industriale del Vco, Cna, Confindustria Piemonte (tutte sotto l’1%).
Negli amplissimi cda (fino a 21 membri) di Saia entrano tutte queste componenti, con una fortissima presenza politica. I presidenti e i consiglieri delegati sono scelti dalle segreterie di partito e l’attività amministrativa è portata avanti con alcuni dipendenti.
Il boom economico anni ‘80 va scemando, la richiesta di capannoni e di zone industriali ne segue il passo. Poi arriva la crisi finanziaria del 2008 e la situazione peggiora. Saia ha in corso onerose operazioni immobiliari che faticano a concretizzarsi ed accumula debiti, soprattutto con le banche, che al contempo sono anche azionisti ed esprimono amministratori, creando una sorta di cortocircuito.
Nel 2009 Massimo Nobili, presidente uscente di lungo corso, eletto in Provincia lascia il timone della società a Luigi Airoldi. Sotto la sua presidenza la crisi s’accentua e la Regione, tramite Finpiemonte Partecipazioni, nomina un cda di transizione presieduto dal direttore generale Bruno Mazzetti. Nel 2014 viene chiesto il concordato preventivo che il Tribunale approva il 21 maggio. Il liquidatore Piero Canevelli, commercialista di Milano, e l’avvocato Riccardo Sappa, commissario giudiziale, hanno il compito di vendere tutti i beni. I ricavi, secondo il prospetto, soddisferanno al 100% i creditori privilegiati, al 42% i chirografari e al 3% gli altri (le banche).
Viene venduto Palazzo Franzosini a Intra, la sede di piazza Matteotti. Stessa sorte accade con altre proprietà, tra cui alcune villette a Biandrate. Ma restano in pancia le aree attrezzate di Pogno, che a bilancio vale 8,15 milioni e che richiede, per essere completata, altri investimenti; quelle di Ghemme (1,3 milioni), Mongrando nel Biellese (1,1), Fontaneto d’Agogna (667.000), Villadossola (459.000), Vogogna (219.000) e Piedimiulera (144.000). In più ci sono 1,8 milioni di fabbricati a Villadossola e a Biandrate.
Passa il tempo e le cessioni non si completano. Una delle banche creditrici presenta istanza di fallimento che il Tribunale accoglie il 21 febbraio 2020, ponendo fine alla storia di Saia.