VERBANIA - 18-02-2022 -- Non solo non ci fu alcuna truffa, ma chi sporse la denuncia dovrà pagare le spese processuali. Di fronte a un’accusa di truffa rivelatasi del tutto inconsistente, il giudice Antonietta Sacco non ha esitato ad applicare l’articolo 52 del codice di procedura penale che mette a carico del querelante i costi della giustizia.
Il singolare caso, deciso ieri in un processo con rito abbreviato, aveva come parti in causa un 53enne di Verbania e una 51enne algerina residente in Valsesia. Quest’ultima, nell’estate del 2020, aveva notato su Facebook l’annuncio con il quale il verbanese metteva in vendita una scala di metallo con pioli in legno. La acquistò, vista e piaciuta in una contrattazione tra privati, per 300 euro. Ma, una volta che ne fu in possesso, ne contestò la qualità. Disse che non era come se la aspettava e che il costo era eccessivo. Il venditore dapprima propose di sciogliere l’accordo, di ridarle i soldi e di riprendersi la scala, ma desistette quando vide che la donna l’aveva modificata. Ci furono trattative verbali che finirono nel nulla e con l’invito di lui a lei di adire le vie legali.
Anziché una causa civile, o una mediazione, la donna sporse querela per truffa e il fascicolo, finito alla Procura di Verbania, è sfociato in un procedimento penale. Difeso dall’avvocato Laura Ferrara, l’imputato è stato assolto con formula piena. Il giudice ha riconosciuto che non ci furono, né artifici, né raggiri, né tantomeno l’intenzione di frodare l’algerina che, per questa lite temeraria, è stata condannata a pagare le spese processuali, i costi che la giustizia ha dovuto sostenere per giudicare un reato inesistente.