VERBANIA - 01-03-2022 -- “Se avessi avuto più posto, avrei caricato tutti”. Il suo viaggio-odissea in soccorso dei profughi ucraini è finito da un giorno e, pur stanco per aver guidato per quasi tremila chilometri su e giù per l’Europa senza dormire, ha ancora negli occhi la disperazione di chi porta i figli fuori dalla terra natale preparandosi alla guerra. Mauro Minazzoli (nella foto), agente immobiliare verbanese, da nove anni ha una compagna ucraina. Vive con lui a Ghiffa, ma lei là ha una figlia di diciotto anni che, a Leopoli, sta terminando gli studi liceali. Il Natale l’ha trascorso con loro in Italia, poi è tornata nel suo paese, dove la situazione è precipitata. “Leopoli si trova a est dell’Ucraina, a una sessantina di chilometri dal più vicino confine con l’Unione europea – racconta Minazzoli –. Lì la situazione è relativamente tranquilla, ma la paura è tanta. Così, quando ha chiesto aiuto, siamo partiti”.
Insieme alla compagna ha preso l’auto e s’è diretto verso un piccolo posto di confine in Polonia, un valico minore. “Siamo partiti alle 16 di venerdì, in contemporanea a loro. Pensavamo di arrivare in ritardo, ma da Leopoli al confine loro hanno viaggiato a passo d’uomo”.
In mezzo al nulla della campagna polacca, Minazzoli ha atteso in un clima surreale. “Tra i blindati coi soldati polacchi in divisa c’erano decine di auto con targhe di tutta Europa. Dall’Ucraina arrivava un fiume di gente. Tante donne, quasi tutte con bambini piccoli, pochissimi uomini e tutti anziani perché i maschi tra i 18 e i 60 anni sono stati precettati per combattere. Eppure ne ho visti tanti che hanno accompagnato moglie e figli, li hanno salutati e se ne sono tornati indietro”.
Preoccupazione, sgomento e dolore i sentimenti di chi fugge. Liberazione quando si passa il confine. “Quando la loro auto è arrivata, erano già le 20,30 di sabato. Noi eravamo lì dalle 9 del mattino. A bordo c’erano la figlia della mia compagna, una sua amica con una bambina di nove anni, e un’altra con due figli di nove e quindici anni, un maschio e una femmina. Li abbiamo caricati tutti, ci siamo divisi tra i due veicoli e siamo partiti”.
Polonia, Repubblica ceca, Germania e Austria il tragitto per il ritorno dal Brennero. “In Austria abbiamo forato, domenica mattina presto, e avevo solo il ruotino d’emergenza. Ci siamo bloccati in autostrada, ma nessuno s’è fermato, nemmeno una pattuglia della polizia che, quando ha visto che una delle due auto aveva targa ucraina, probabilmente ha preferito stare alla larga. Finalmente siamo riusciti, telefonando in Italia, ad avere un carro attrezzi che ci ha portato dal gommista più vicino”.
Il rientro è avvenuto nella tarda serata di domenica. Ieri è iniziata la trafila burocratica. “Ora sono tutti da noi, in attesa di capire che cosa accadrà. La questura ci ha dato appuntamento per mercoledì per il riconoscimento dello status di profughi, che dicono sarà automatico. Non è un problema dare un letto e un pasto a queste persone, ma ci sono altre esigenze. Nessuno parla italiano e i bambini sono in età scolare. Stiamo cercando contatti con la comunità ucraina perché li aiutino, nella speranza che la guerra finisca presto e possano tornare a casa”.