VERBANIA – 02.03.2016 – “Ero confuso…”.
S’è giustificato così, anche se in ultimo e dopo aver ascoltato la “ramanzina” del giudice, il testimone che la scorsa settimana, durante il processo per spaccio in cui è imputato il verbanese Giuseppe Quattrocchi, aveva smentito tutti i verbali d’interrogatorio resi in fase d’indagine accusando quattro finanzieri di avergli praticato il “lavaggio del cervello”. Massimo Osele, operaio verbanese, oggi in tribunale ha rischiato grosso. Chiamato al confronto diretto con i militari che, uno dopo l’altro, hanno confermato la regolarità della testimonianza raccolta, ha inizialmente confermato la tesi secondo cui è stato forzato a parlare dei suoi rapporti con l’imputato e della cessione degli stupefacenti che gli avrebbe fatto nel tempo. A farlo riflettere è stato proprio il giudice Raffaella Zappatini, che l’ha ammonito sulle possibili conseguenze di una versione contrastante, il rischio d’una denuncia per falsa testimonianza e calunnia, reati gravi con pene severe; spiegandogli che se si fosse ricreduto non ci sarebbero state conseguenze. Osele dapprima non ha colto ma, in un secondo momento, incalzato dalle domande del pm Anna Maria Rossi, a monosillabi s’è corretto. Al quesito esplicito: “ritratta?” ha risposto “sì” chiudendo la parentesi del processo che sarebbe potuta costargli caro e che, per due udienze, ha bloccato il giudizio di Quattrocchi, accusato di aver coltivato nella sua abitazione nel centro storico di Intra quattro piante alte due metri di cannabis.