PIEVE VERGONTE- 24-04-2022-- Un’escursione tranquilla fino all’Alpe Prà e all’Alpe Ghiaccio, sui monti di Pieve Vergonte, viene trasformata in qualcosa di più serio e complicato dalla trance agonistica del più anziano del gruppo che, nonostante acciacchi e scarso allenamento, sembra voler proseguire fino al Pizzo Camino. Ma non è il periodo giusto. Per fortuna riacquista in tempo la lucidità necessaria per rinunciare e rientrare, quasi pentito, fra gli amici che l’hanno perso di vista. Ahimè l’età!
GITA N. 71 O 24 VERSO PIZZO CAMINO
FEBBRAIO 2022
Dislivello: 1200 m. Tempo: 5 h. Sviluppo: 9 km.
Sette anziani, fra i quali un prestigioso staff sanitario, sono accompagnati oggi dalla signora che solitamente se ne prende cura e dalla piccola Asia, al rientro. Il sole oggi sarà pallido per l’intera giornata e la temperatura, di conseguenza, più consona al periodo dell’anno. Il solito caffè a Piedimulera e, da Fomarco, saliamo lungo la strada asfaltata fino al grande piazzale della centrale idroelettrica in caverna in località La Crosa, 550, rivolto verso la bassa Valle Anzasca.
Scendiamo per qualche decina di metri lungo la strada ed imbocchiamo sulla destra il sentiero evidente e ben segnato nel bosco di faggi. Passiamo dall’Alpe La Villa, 756, dall’Alpe Jacheggi, 872, dall’Alpe Gabattina, 888, e, dopo un’ora e tre quarti, arriviamo all’Alpe Prà, 1270. In questo bellissimo alpeggio, raggiunto adesso da una strada, tutto ricorda Orazio Bargiga che per più di trent’anni, insieme alla moglie Maria Grazia, visse qui da aprile ad ottobre sulla sua sedia a rotelle, lasciando un’impronta indelebile con il suo amore per la vita.
Con l'aiuto di amici, grandi persone, si costruì la casa ed anche un bivacco aperto a tutti gli escursionisti di passaggio, di cui ci serviremo al ritorno. Questo grande signore ci ha lasciati nel giugno di quattro anni fa. Dopo una lunga pausa di ristoro, in contemplazione dei bei panorami sull’Ossola, ripartiamo verso l’Alpe Ghiaccio, 1490, dove dovrebbe terminare l’escursione odierna.
Nessuno può prevedere che un anziano ex alpinista acciaccato e poco allenato sia oggi in trance agonistica e parta in testa al gruppo senza più voltarsi e senza fermarsi neppure alla meta finale prescelta. Questo vizietto l’ha sempre avuto, ma con l’età è peggiorato. Lo seguiamo a distanza di sicurezza, sebbene poco convinti, lungo il sentiero che diventa subito un’esile traccia fra erboni ingialliti dalla siccità e scivolosi, su un pendio molto ripido. Il terreno è anche un po’ gelato, con un misto di neve e fango ancora più scivolosi.
Dell’anziano nessuna traccia. Ci fermiamo sulla dorsale da cui si scende verso l’Alpe Marmazzuolo, a quota 1750 circa (un’ora e un quarto). Lo intravvediamo sopra di noi mentre conquista faticosamente un’anticima di Cima Strighèt. Gli chiarisco al cellulare, per fortuna utilizzabile, alcuni concetti in termini poco educati, mentre lui consiglia, finalmente con saggezza, di fermarci dove siamo, ma “ci eravamo arrivati” anche noi. Verso Marmazzuolo, su un versante nord con neve, poca ma gelata, è sconsigliato scendere.
Torniamo quindi sui nostri passi con calma e attenzione, approfittando del supporto dei nostri forti ed esperti anziani alpinisti, e dopo tre quarti d’ora siamo nuovamente all’Alpe Prà, raggiunti nel frattempo dal fuggitivo con “le orecchie basse”. Riammessolo nei ranghi dopo una rapida riunione del direttivo, mangiamo all’interno del prezioso rifugio di Orazio Bargiga, anche per ripararci dalla subdola arietta frizzante che si è alzata, non bilanciata a sufficienza da un pallidissimo sole.
In discesa seguiamo un pezzo di strada, più adatto al completamento della digestione, e torniamo sul sentiero del mattino con una piccola variante che ci fa passare dall’Alpe Pontero, 940, dopo aver assistito ad una gara di nuoto in un mare di foglie fra anziani alpinisti un po’ rilassati. All’Alpe Jacheggi, 872, torniamo sul sentiero di salita e raggiungiamo il parcheggio (un’ora e un quarto). Al bar di Piedimulera le orecchie dell’anziano disertore sono ancora molto basse.
Gianpaolo Fabbri