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DOMODOSSOLA- 18-03-2016- Gli studenti della classe 4^ CS del liceo
scientifico Spezia di Domodossola Alexia Nebiolo, Giorgia Gori, Gloria Guerra, Paola Varano, con le insegnanti Michela Tantardini e Paola Ferraris, sono stati premiati giovedì a Torino per l'intervista effettuata al giornalista Beda Romano de Il Sole 24 Ore nell'ambito del progetto Diderot, “Il quotidiano in classe” durante l'evento “Allenamenti quotidiani: intervistando si impara”, organizzato dall’Osservatorio Giovani Editori e dalla fondazione Crt.
Ecco l'intervista:
La nuova Società Europea si fonda sull’integrazione
“Una benefica ventata di aria fresca” è con queste parole che Beda Romano, corrispondente da Bruxelles per il “Sole 24 ore”, ha definito in più occasioni il fenomeno dell’immigrazione. Un’affermazione inusuale, quasi un ossimoro per noi che siamo abituati ad annoverare l’immigrazione tra i principali problemi che attualmente interessano il nostro Continente ed in particolare modo il nostro Paese.
Ci spieghi meglio cosa intende dire?
“II termine immigrazione può assumere innumerevoli significati. Innanzitutto immigrazione è sinonimo di cambiamento e, come tutti i cambiamenti, rappresenta un problema. L’avvento in Europa di 1,5 milioni di profughi solo nell’ultimo anno (oltre trenta milioni dagli anni ’90 ad oggi) comporta chiaramente un grande stravolgimento nella vita di centinaia di persone che si ritrovano improvvisamente obbligate a convivere con idee, culture, religioni e abitudini completamente differenti dalle loro. In tale ottica immigrazione diviene quindi sinonimo di integrazione, di società multietnica, di fusione di identità e culture e, secondo molti, sinonimo di minaccia, di pericolo per le singole identità nazionali. Ho avuto modo di visitare l’Europa e di sentire innumerevoli pareri sull’argomento dell’immigrazione. Secondo l’opinione comune l’immigrazione rischia di compromettere il processo di integrazione europea, minando le tradizioni del continente, mettendo a rischio le sue radici cristiane e fomentando i nazionalismi. Io credo, invece, che le trasformazioni legate alla forte immigrazione di questi anni non rappresentino affatto un pericolo per la nostra identità, anzi siano di per sé positive, imponendo al Vecchio Continente di rimettersi in gioco, costringendo la società ad interrogarsi sulle sue certezze e al tempo stesso di all'interno del Primo Pilastro, sfuggendo alla competenza dei singoli Stati Membri. In questo senso il problema dell’immigrazione non può che essere europeo nel senso che è l’Unione Europea a doversene occupare”.
E in che modo secondo Lei l’Unione Europea sta cercando di risolvere il problema dell’immigrazione?
“Dopo il vertice di Ankara dello scorso novembre è emerso come l’obiettivo dell’Unione Europea sia quello di rafforzare, grazie anche al sostegno turco, il controllo delle frontiere esterne dell’Unione, attraversate ogni giorno ormai da centinaia di profughi. Da allora, l'Unione è presente in Grecia con operazioni di aiuto alle autorità greche e Bruxelles ha presentato una proposta di corpo europeo di guardie di frontiera e di guardie costiere. Il progetto non ha però convinto alcuni degli Stati membri specie in quella parte in cui sembra attribuire all’Agenzia il potere di intervenire in situazione di crisi, con il dispiegamento di squadre di guardia di frontiera e guardie costiere, anche senza il consenso dello Stato membro interessato, che dovrà limitarsi ad accettare la decisione della Commissione, cooperando con l’Agenzia. Ulteriore soluzione prevista dall’ Unione Europea è quella di imporre ai Paesi come Italia e Grecia di meglio gestire i centri di accoglienza dei rifugiati, aprendo nuovi hotsposts e raccogliendo con maggiore efficienza le impronte digitali dei migranti arrivati in Europa”.
Anche in seguito agli ultimi attentati terroristici, numerosi Stati europei stanno recedendo dagli accordi di Schengen, ripristinando i controlli alle frontiere interne. Lei ritiene che questo intervento possa essere utile?
“Non la ritengo una soluzione; in primo luogo in quanto la chiusura delle frontiere interne implicherebbe un rallentamento dei traffici commerciali. La libera circolazione delle persone è infatti strettamente connessa alla libera circolazione delle merci. Fin dal Trattato di Roma del 1957 l’allora CEE ha avuto l’obiettivo di realizzare un Mercato Comune libero tra gli Stati membri attraverso la graduale eliminazione delle barriere che limitavano l’esercizio di tali libertà. Alla limitazione della libera circolazione delle persone non potrebbe che conseguire una limitazione della circolazione di merci, capitali e servizi, che porterebbe al collasso del Mercato Europeo. Come sottolineato da molti esponenti della politica europea, primo fra tutti il Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, ritengo che l’eventuale collasso della “zona Schengen” negherebbe la fruizione della moneta unica europea".