1

origini domo convegno rizzi

DOMODOSSOLA- 03-04-2016- Pesce d'aprile con un vivace dibattito tra esperti,

studiosi, archeologi, architetti e geologi venerdì pomeriggio per la presentazione del dossier della rivista  culturale diretta da Lino Cerutti  " Le Rive"  dal titolo "Domodossola e l'enigma della sua fondazione". L'incontro, ospitato  a Palazzo San Francesco e moderato da Maurizio de Paoli, ha visto gli interventi di Enrico Rizzi, Elena Poletti Ecclesia, Paolo Negri, Paolo Lampugnani e  Filippo Pirazzi.

Pietra dello scandalo la tesi dello storico Enrico Rizzi, secondo cui Domodossola ha "solo" 1000 anni  in quanto, come cerca di provare nel suo libro edito da Grossi, non vi sarebbero documenti attestanti l'esistenza di tale nome, o di qualunque altro nome, in epoca precedente. Secondo Rizzi è un falso storico, così come, grazie agli errori delle due fonti principali, il cartografo Tolomeo e l'Anonimo Ravennate, lo sono le origini lepontiche, e successivamente romane, domesi. Infine i Leponzi, secondo le sue tesi, sarebbero vissuti principalmente nelle alpi Cozie. Tesi che l'archeologo Paolo Lampugnani non ha voluto smentire, spiegando di avere scavato sino a cinque metri in due o tre punti del centro città senza trovare niente di romano, e che i ritrovamenti leponzi o romani in zona sono di dimensioni modeste.

Le tesi di Rizzi hanno subito un primo enorme contraccolpo da quanto raccontato da Paolo Negri, che ha avuto dal vaticano una mappa medievale, proveniente dalla Grecia, che si rifà però a fonti e nozioni precedenti nei secoli, in cui si identifica perfettamente un insediamento a nord del lago, tra le montagne, chiamato Oscela Lepontiorum.

Una “prova” evidente ed indiscutibile della presenza romana nell'attuale territorio comunale di Domodossola, di cui però Rizzi non parla nel suo libro, è la tomba di Claro Fuenno, rinvenuta casualmente nel 1972 sotto l'attuale incrocio tra corso Moneta e corso Ferraris, a oltre sei metri di profondità ( quota a cui Lampugnani non ha ancora scavato ndr.). Come ha esaurientemente spiegato l'archeologa Elena Poletti Ecclesia se c'è una tomba c'è sempre anche un insediamento, la struttura ed il materiale pregiato ritrovato indicano che i due defunti, padre e figlio, sepolti erano di classe sociale agiata. Anche in altre parti dell'Ossola, da Craveggia a Premia, da Premia a Mergozzo ed Ornavasso, ci sono poi tanti ritrovamenti di epoca romana. A Domo non si è ancora trovato quasi nulla perchè non si è cercato, e perchè tutto è probabilmente sepolto da una decina di metri di materiale alluvionale portato dalle esondazioni del Bogna ( potrebbero essere state una trentina in mille anni). Filippo Pirazzi, guida turistica, ha spiegato come alla Motta, solo in epoca rinascimentale, quindi solo cinque secoli fa, un'ulteriore esondazione del Bogna aveva superato le mura domesi che correvano parallele all'attuale via Montegrappa, seppellendo le case. Le attuali abitazioni della Motta sono state costruite sopra quelle case. Chissà quindi cosa era successo nei 2000 anni precedenti...

A fine dibattito ognuno ovviamente è rimasto sulle proprie posizioni, l'impressione però è che quanto dica l'archeologia sia più forte. Le tombe, i ritrovamenti, seppur scarsi, sono prove concrete ed innegabili.

Le teorie parlano di evidenti errori della fonti, ma poi altre carte ribadiscono quelle prime tesi, che le Alpi Lepontine sono proprio quelle ossolane, e che Oscela lepontiorum si trovava a nord del Lago.

Fa specie infine che nel poderoso e preciso libro di Enrico Rizzi non sia citato il ritrovamento della tomba di Claro Fuenno nel capitolo più importante, quello in cui si cerca di dimostrare l'origine medievale di Domo, relegando ad una nota di una riga in un'altra pagina la notizia. Una macchia che rischia di mettere in dubbio tutto il lavoro dello storico, che così si giustifica: “Se lei va a vedere alla fine del capitolo sull'età antica nell'orientamento bibliografico e per la ricerca futura vedrà citata quella fonte, che non aveva grande importanza perchè è solo una tomba, come una rondine non fa primavera o un orologio rotto segna l'ora esatta due volte al giorno”.

Ben altra consistenza quello asserito dall'archeologa Elena Poletti Ecclesia: “Noi ci basiamo su altri documenti- spiega- io mi baso su quello che il sottosuolo ha restituito, e posso affermare che Domodossola era abitata, e che ha una storia perlomeno di duemila anni. Sul nome “Domodossola” non possiamo discutere, i documenti la menzionano solo in età medievale. Le due fonti antiche, l'Anonimo Ravennate e Tolomeo citano Oxela Lepontiorum come nome, che è stato da una tradizione antica riferito a Domodossola. Se non ci saranno altri ritrovamenti ad oggi si può solo credere o meno a questa interpretazione”.

Comunque sia andata in passato, se mai qualche illuminato governante obbligherà i comuni più piccoli ad unirsi per ridurre le spese, e quindi Villadossola, Domodossola e Crevoladossola diverranno un unico ente, il nome che si dovrà dare al nuovo comune non potrà che essere Oscella...