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VERBANIA – 12.04.2016 – Condannato per due capi d’imputazione

e assolto per altrettanti. È di due anni, sei mesi e 300 euro di multa la pena inflitta dal tribunale di Verbania all'architetto responsabile dell’Ufficio tecnico di un comune del Verbano. Il professionista, difeso dall’avvocato Alberto Zanetta, era accusato di induzione a dare o promettere utilità (una variante dei reati corruttivi del funzionario o amministratore pubblico introdotta nel 2012 con la legge Severino), abuso d’ufficio, omessa denuncia e falso ideologico per le “interferenze” tenute nella gestione di una pratica edilizia legata a interessi personali. Il collegio presieduto dal giudice Luigi Montefusco e composto da Rosa Maria Fornelli e Raffaella Zappatini l’ha ritenuto colpevole dell’induzione e dell’omessa denuncia, assolvendolo dall’abuso d’ufficio e dal falso, reato quest’ultimo contestato pure alla moglie, anch’ella dunque assolta. Per il periodo della pena subirà l’interdizione dai pubblici uffici e dovrà anche risarcire le tre parti civili – alle quali pagherà anche le spese di costituzione –: le sorelle sue vicine di casa (5.000 euro ciascuna) e il Comune (10.000 euro).

La sentenza riduce notevolmente le richieste del pubblico ministero Gianluca Periani, che aveva proposto 7 anni e 3 mesi per lui, un anno per la consorte.

La vicenda nasce nel 2011. In paese l'architeto e la moglie acquistano una villa (l’intestataria è la moglie, lui ne ha l’usufrutto) la cui proprietà confina con il parco e la villa di due sorelle. Tra i due lotti vi è un passaggio in disuso che i coniugi rivendicano e che le vicine negano. Nel 2013, nel pieno di questa controversia, l’architetto contesta alle sorelle la realizzazione abusiva di una vecchia tettoia costruita negli anni ’60 sotto la quale si trova un’area gioco con il tavolo da ping pong. Nei contatti tra il professionista, l’avvocato e il geometra delle sorelle, il tecnico comunale se ne esce – registrando la conversazione all’insaputa dell’avvocato e, poi, della controparte – facendo capire che con un “do ut des”, cioè in cambio della concessione del passaggio, si sarebbe risolta la contestazione dell’abuso. Quel “do ut des” spinse le sorelle a sporgere denuncia e a chiamare in causa la magistratura. Le indagini fecero emergere le registrazioni e altri documenti che orientarono il pm e la polizia giudiziaria a contestare anche il falso ideologico per una pratica edilizia chiesta dalla moglie e predisposta dal marito.

L’architetto attualmente è sospeso dal servizio. Il Comune, che aveva chiesto tramite l’avvocato Luca Berra 8.000 euro di risarcimento – anche per il danno d’immagine – e se n’è visti assegnati 10.000, dovrà decidere se confermare o modificare il provvedimento disciplinare. La vertenza con le sorelle, costituite con l’avvocato Gionata Scaglia, al di là del risarcimento disposto dal tribunale, prosegue. In sede civile marito e moglie hanno ottenuto un pronunciamento favorevole sull’esistenza dell’accesso e dell’uso civico.