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VERBANIA – 06.05.2016 – Telefonate, sms, pedinamenti, 

appostamenti, comportamenti vessatori e persecutori ripetuti. In altre parole: stalking. Dal 2009 esiste nel codice penale italiano uno specifico articolo che qualifica questi fatti come reato. Un reato emerso in tempi recenti e diffuso, sul quale mercoledì sera s’è tenuto un incontro pubblico con magistrati e sociologo organizzato dall’associazione Comunità.vb e da ABEditore. Nella sala della Società operaia di Intra, moderati dall’avvocato Patrich Rabaini di Comunità.vb, i relatori sono stati il procuratore della repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, il giudice del tribunale di Varese Cristina Marzagalli, e il docente universitario e sociologo Salvatore Licata.

Ciascuno ha inquadrato lo stalking sotto diversi punti di vista. Quello della denuncia e delle indagini perché, come ha spiegato la procuratrice, bisogna sapere che cosa è stalking, che cosa non lo è e come segnalarlo alle forze di polizia. In questo senso non è sufficiente lamentare atti persecutori ripetuti, ma devono sussistere, da parte delle vittime, almeno una di tre circostanze: uno stato di ansia e di paura, la modifica delle proprie abitudini di vita, il timore della propria incolumità. E tutte devono essere documentate, perché, come ha chiarito il giudice Marzagalli, una volta finite le indagini e si arriva in aula per giungere a una condanna vanno provati i fatti – quindi le denunce devono essere documentate e indicare, se esistono, testimoni o persone che possono confermare – e il rapporto nesso-causale con i sintomi di questo malessere.

Lo stalking è un fenomeno, lo confermano i dati tatistici, che colpisce nella stragrande maggioranza dei casi le donne, ma esistono forme si stalking diverse. “Quello in famiglia e nel rapporto di coppia, naturalmente, è il più comune. Ma esistono fenomeni anche in ambito lavorativo e nei rapporti di vicinato, in condominio o tra vicini”, ha precisato Bossi.

Oltre a sporgere denuncia la vittima può tutelarsi anche con i provvedimenti del giudice, tra cui quello specifico del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, che – ha chiarito il giudice Marzagalli – ha una certa applicazione.

Ma dietro denunce e processi ci sono storie di persone. Il professor Licata le ha raccolte sotto forma di intervista nel libro “Stalking, una relazione da ri-conoscere”. Storie all’interno della coppia, etero e omosessuale. Storie che nascono nel contesto lavorativo, o in condominio, come quella di un uomo che aveva forato il pavimento per inserire un microfono nella stanza da letto dei vicini del piano di sotto registrando – e riportando in pubblico sulla tromba delle scale – ciò che marito e moglie si dicevano nel talamo. “La vittima si stalking vive in una cornice – ha detto – e forse non lo sa nemmeno o non se ne rende conto. Il compito di serate come questa è di informare, divulgare, e di fare in modo che si esca da questa cornice”.