VERBANIA – 20.05.2016 – La nipote stava mettendo
a posto i mobili e tra le cianfrusaglie ha trovato un pezzo di carta ingiallito, con stampigliata la dicitura “buono fruttifero postale”, l’anno – “il 1937” e la scadenza trentennale, il valore – “500 lire”, e il nome dell’intestatario: un cugino della nonna deceduto da tempo. È iniziata così la causa avviata di fronte al giudice di pace di un’anziana residente a Verbania ma originaria della Sicilia, che ha presentato un decreto ingiuntivo contro Poste Italiane e il ministero dell’Economia per avere l’equivalente, rivalutato, di quel buono anteguerra: oltre 62.351 euro. Il calcolo è stato effettuato da Agitalia, associazione specializzata in questo genere di operazioni in favore dei consumatori, che ha anche messo in campo il proprio consulente legale.
Di casi come quello della signora, che ha più di cento anni e che s’è trasferita a Verbania insieme alla figlia, ce ne sono diversi. Capita spesso, infatti, che nelle case, nascosti o sconosciuti, saltino fuori vecchi buoni o addirittura contanti. Banca d’Italia, per esempio, stima che nel nostro Paese si trovi, mai convertito, un miliardo di euro di in lire. Nel caso dei buoni fruttiferi “datati” (nel 1975 la legge è cambiata) ottenere il rimborso non sempre è possibile. Se l’obbligazione è scaduta e sono passati oltre dieci anni da quella data, va in prescrizione, a meno che non si verifichino alcune condizioni. Una discriminante è la conoscenza, che vale soprattutto per titoli ereditati. Se ritrovo un buono che il nonno non ha incassato perché è morto prima, posso chiedere il rimborso calcolando la prescrizione dal momento in cui ne sono venuto a conoscenza. È, appunto, il caso dell’anziana d’origini siciliane, che non sapeva di avere in casa un buono a nome del cugino, di cui è erede. Se avrà il capitale rivalutato lo deciderà comunque il giudice nei prossimi mesi.