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STRESA - 13-08-2024 -- La notizia, due anni fa, aveva fatto il giro d’Italia, rimbalzata sulle principali testate nazionali: video, cartacee e on-line. Lo stupro del branco, al termine di una notte “alcolica” tra cittadini sudamericani, avvenuto su una spiaggia di Stresa con vittima una ventenne, era stato il titolo della notizia del giorno per qualche tempo.

Poi, su quell’episodio, è calato l’oblio, e non solo mediatico – perché la cronaca, volente o nolente, si nutre della sciagura successiva – ma pure giudiziario.

Il fatto risale alla notte tra il 24 e il 25 giugno del 2022 ed è stato denunciato un paio di settimane dopo, quando la ventenne ha deciso di raccontare quella nottata trascorsa in diversi locali del Lago Maggiore, con abbondante consumo di alcol, e conclusa con plurimi rapporti sessuali notturni in riva al Verbano che, ha denunciato, sono avvenuti contro la sua volontà, mentre lei veniva tenuta ferma.

Con l’accusa di violenza sessuale aggravata sono indagati cinque sudamericani – tra cui una ragazza – residenti nella città lacustre e di età compresa tra i 20 e i 48 anni, suoi conoscenti, che avrebbero abusato a turno della giovane.

In casi come questi, vista anche la particolare tutela che il legislatore ha introdotto nel codice penale per reati discriminatori e/o a sfondo sessuale, si parla di “codice rosso”. Il pubblico ministero deve immediatamente sentire la vittima e l’indagine ha corsia preferenziale. Nel caso di Stresa l’indagine, a parte la “falsa partenza” (per un caso di omonimia è stato indagato un estraneo), ha visto l’intervento dei carabinieri del Ris di Parma, che già nel mese di ottobre avevano effettuato le analisi sui campioni raccolti dagli inquirenti, per identificare tramite il Dna eventuali tracce genetiche lasciate durante il rapporto sessuale. Pochi mesi dopo, ormai più di un anno fa, s’è volto anche l’incidente probatorio nel quale la giovane ha raccontato l’episodio.

Da allora, più nulla. Gli avvocati difensori non hanno mai ricevuto nemmeno l’avviso di chiusura indagini che, con i rilievi scientifici e l’incidente probatorio, sono sostanzialmente concluse. Due anni e due mesi sono passati da quella notte in spiaggia e, nonostante il codice rosso, seppur ampiamente all’interno dei termini di prescrizione del reato (per la violenza sessuale sono lunghissimi: sino a trent’anni), la giustizia è ferma, sia per chi ha denunciato, sia per chi è indagato e potrebbe essere imputato.