VERBANIA – 04.07.2016 – Volevano una casa
più grande, con un pezzo di giardino per il bimbo che stavano “programmando” e quell’appartamento di Trobaso faceva al caso loro. Lo comprarono nel 2012 ma ora, quattro anni dopo, l’hanno messo in vendita e sperano di uscire il prima possibile da quello che considerano un incubo per colpa dei vicini di casa, che hanno denunciato.
Stalking e violazione della corrispondenza in concorso tra di loro sono i reati che la Procura di Verbania contesta a Giuseppe Vasile e alla moglie Antonina Coppola. Lui ha 54 anni e è poliziotto in servizio a Verbania, lei 49 e lavora in Svizzera. Sono accusati di atti persecutori verso quella coppia – 43 anni lui, 40 lei – che da quattro anni abita al piano sotto il loro insieme al figlio piccolo.
Le liti e le discussioni nascono tra il giardinetto del piano terra e il balcone del primo piano, residenza dei Vasile, dove sono stati denunciati ripetuti episodi di dispetti: rumori molesti, acqua fatta colare di sotto, panni stesi a disturbare la visibilità, ma soprattutto oggetti gettati. “Ci siamo trovati grovigli di peli di cane nel giardino e sulla tavola, anche a Ferragosto – ha raccontato la moglie che ha denunciato i vicini –. E anche escrementi di gatto e scarti della lettiera”. Il primo esposto è del febbraio 2013, ma ne sono seguiti altri, che hanno portato anche a un colloquio con il questore e che, non terminati, hanno esasperato la coppia. “Quando mio marito è via per lavoro, di notte preferisco dormire con mio figlio dai miei”, ha testimoniato lei nell’udienza tenutasi oggi di fronte al giudice Rosa Maria Fornelli. “Vivo già i problemi di salute di mio fratello malato di leucemia e sono stressato – ha aggiunto il marito –, ho chiesto sul lavoro di avere anche un incarico più tranquillo. So che anche se avrò giustizia le cose non cambieranno. Per questo abbiamo messo in vendita la casa, che però non vogliamo svendere”.
La posta violata
In un quadro di rapporti molto tesi, riconducibili in parte alla realizzazione di una canna fumaria – regolarmente autorizzata – che passa vicino alla finestra dei Vasile, l’episodio più grave è avvenuto nell’ottobre del 2014. Insospettiti per non aver ricevuto più volte la corrispondenza e essersi persi bollette e solleciti, i vicini si recano in questura per sporgere denuncia. La polizia piazza una telecamera per quattro giorni a una quindicina di metri dalla cassetta delle lettere, rifornita appositamente con buste facilmente individuabili, e uomini della Squadra Mobile s’appostano. Il primo giorno l’apparecchio riprende il “prelievo” con un bastoncino di legno e la riconsegna d’una lettera dopo sette minuti. L’appostamento dell’ultimo giorno vede Vasile armeggiare attorno alla cassetta, sfilare e rimettere la busta e poi incontrarsi faccia a faccia con i colleghi che lo stavano seguendo.
Nell’udienza odierna hanno testimoniato le parti civili, una vicina di casa e la dirigente della Mobile che sovrintese all’indagine. Nella prossima, tra pochi giorni, saranno sentiti altri testi compresi quelli della difesa che, con l’avvocato Massimo Vairetti, contesta le riprese video perché non autorizzate dal gip.