VERBANIA - 27-09-2024 -- Fratello e sorella non hanno sporto querela ma la presenza del coltello (e, forse, di un coccio di vetro) rischia di costare cara a due magrebini accusati di minaccia grave e dell’illegittimo possesso di un’arma. Il contorno di questi fatti, oggetto di un procedimento penale al Tribunale di Verbania, è una discussione per futili motivi avvenuta ad Arona nella tarda nottata di un giorno d’estate del 2022. Fratello e sorella, entrambi poco più che ventenni, finito di lavorare nei due diversi locali in cui sono assunti come barista e cameriera, avevano trascorso il resto della serata sul lungolago con amici, consumando il cibo acquistato al McDrive. Festeggiavano il compleanno del giovane e, attorno alle 3,30, rientrarono a piedi verso casa, in città. A un tratto incrociarono un giovane tunisino sconosciuto che, in arabo, iniziò a gridar loro contro. Poiché i due sono di origine marocchina e comprendono la lingua, si resero conto di essere insultati. Avrebbero tirato dritto se non che dalla borsa della sorella cadde la camicetta di servizio che aveva svestito finito il turno, per abiti più comodi. Il fratello tornò indietro a riprenderla ed ebbe un alterco col tunisino, concluso a spintoni, male parole e con uno schiaffo.
Sedata la lite, i due proseguirono oltre ma, poco dopo, arrivati di fronte a un distributore automatico di tabacchi, videro tornare il giovane di prima, in compagnia di un amico nerboruto. Questi attaccò letteralmente al muro il ragazzo con cui l’amico aveva litigato e, estratto un coltello, glielo puntò al fianco, minacciandolo di morte. Le lacrime e il pianto della sorella lo indussero a chiudere lì la discussione, lasciando un avvertimento: questa volta ti è andata bene, la prossima…
L’indomani la giovane, in compagnia della mamma, vide i due aggressori – di cui non conosceva i nomi – in un bar della città. Le donne li fermarono ed ebbero una breve discussione, durante la quale la ragazza li filmò prima di recarsi in caserma. Quel video, riversato dai carabinieri di Arona in un software di riconoscimento facciale, fornì l’identità dei due, poi finiti a processo.
A distanza di due anni il racconto dei giovani ha ricostruito bene la dinamica del primo episodio, il dissidio della camicetta, ma non sufficientemente il secondo, quantomeno nel ruolo che ebbe il “provocatore”, colui che non impugnava un’arma. In denuncia la giovane parlò di un bicchiere di vetro che successivamente ruppe, ma non ha saputo fornire dettagli maggiori. Il giudice ha ascoltato i testimoni e ha aggiornato l’udienza per la discussione.