VERBANIA - 15-10-2024 -- La polizia l’ha arrestato più di sei anni fa e, da allora, ha un conto aperto con la giustizia. Il 3 giugno del 2016 una pattuglia della questura, in servizio sul territorio, attorno alle 19,30 fermò un veicolo con a bordo tre persone. Una di queste, un cittadino albanese allora 29enne, risultò in banca dati destinatario di un provvedimento di espulsione. Gravato da precedenti penali e dopo che per tre volte in precedenza -tra il 2010 e il 2012- gli era stato ordinato di lasciare il territorio italiano, il 5 aprile del 2014, su ordine del questore di Novara, fu imbarcato su un volo in partenza da Malpensa e fatto atterrare, con la scorta, in Albania.
Per legge non avrebbe potuto entrare in Italia nei cinque anni successivi ma, quella sera di un venerdì di due anni dopo, fu colto in fallo da un controllo di routine.
Come prevede la normativa, i poliziotti lo arrestarono. L’indomani comparve davanti al giudice, che convalidò l’arresto e dispose il giudizio per direttissima. Da quel momento il fascicolo s’è impantanato, tra rinvii, assenze e legittimi impedimenti motivati dalla sua assenza dall’Italia e dal diritto di ritorno negato – così sostiene – dal giudice. Dal 2022 l’uomo, che qui ha mamma, fratelli e sorelle -tutti cittadini italiani per naturalizzazione- è tornato in Italia, dove vive e lavora. Ha fatto domanda di ricongiungimento, che è in fase di valutazione, anche per via dei procedimenti penali pendenti, la maggior parte dei quali, chiusi.
Nel dover giudicare la violazione del divieto di ingresso in Italia, reato autonomo che nulla ha a che vedere con il ricongiungimento familiare, pm e difesa hanno accettato la proposta del giudice di rinviare il processo di un mese e mezzo (che nulla sposta rispetto ai 101 trascorsi).