VERBANIA - 28-10-2024 -- A giudizio è finito l’intestatario dell’utenza telefonica da cui era stata chiamata la vittima. È questa l’unica -e del tutto insufficiente per giungere a una condanna- prova della truffa on-line subita da una giovane di Arona. Ventuno anni, appassionata di lavori a maglia, nel 2021 aveva realizzato artigianalmente alcune borsette che aveva pensato di mettere in vendita, pubblicando un’inserzione su un sito di compravendita tra privati. Era stata contattata da una donna che s’era detta interessata, dapprima a prenderne una, e poi a commissionare un ordine più sostanzioso. Era l’esca con la quale mettere a segno la più classica delle frodi reverse, quella in cui il venditore viene convinto a inserire in uno sportello Atm la propria carta per ricevere una somma di denaro che, al contrario, viene trasferita all’Iban collegato alla carta ricaricabile dei truffatori. Le indagini condotte dai carabinieri di Arona hanno raccolto pochissimi elementi. Dal numero di telefono fornito dalla querelante, che ha perso 260 euro, s’è risaliti all’identità dell’intestatario che, nella banca dati delle forze dell’ordine, risulta associato a un altro uomo destinatario di svariate denunce per frodi simili, in tutta Italia. Non sono stati effettuati approfondimenti sulla carta e sui pagamenti e, poiché chi aveva convinto la giovane a inserire la tessera bancomat nello sportello Atm era un uomo, il giudice ha respinto la richiesta di condanna del pm, assolvendo l’imputato per la mancanza di prove.