VERBANIA - 18-11-2024 -- Servirà un’altra perizia, questa volta di un ingegnere, per cercare di fare chiarezza sulla morte bianca accaduta nello stabilimento delle Acque Terme Vigezzo a Malesco, nel settembre del 2019. Da poco il marchio, finito nel gruppo Co-Ver, era stato ritirato da Fabriella Group, società calabrese del settore delle acque minerali. Dalla provincia di Vibo Valentia erano saliti alcuni operai per effettuare i lavori urgenti indispensabili alla riapertura. Tra questi vi era Gianluca Demasi, 32enne vibonese. Il giorno dell’incidente stava verniciando il cancello di ingresso in metallo. L’ultima volta che fu visto cosciente, era in cima a una scala a libro. Venne trovato disteso a terra, privo di sensi, con gravissimi traumi. Soccorso dall’ambulanza del 118, venne trasportato in elicottero all’ospedale Maggiore di Novara, dove morì qualche giorno dopo.
Per quell’infortunio sul lavoro, a seguito delle indagini dello Spresal, la Procura della Repubblica ha tratto a giudizio per omicidio colposo la 36enne legale rappresentante della società proprietaria l’impianto, ritenendola responsabile di aver omesso le cautele per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il processo, che ha avuto varie traversie tra cui il passaggio da un giudice all’altro, è ora in fase conclusiva di dibattimento davanti al giudice Ines Carabetta, che l’ha ereditato da due colleghe. E che sta cercando di far luce sulle contraddizioni emerse dal confronto tra i periti delle parti. Secondo il medico legale della Procura e quello della difesa i gravissimi traumi riportati dall’operaio e al capo e alla colonna vertebrale, non sono compatibili con la caduta da una scala, ma con una precipitazione da grande altezza, almeno dieci metri. Per questo motivo il giudice ha disposto una nuova perizia medica discussa oggi in aula, che ha fornito come ipotesi verosimile del sinistro un doppio urto dell’operaio, contro la scala in prima battuta, e a terra.
Una tesi che non convince la difesa, che la definisce impossibile scientificamente. Capire la dinamica dell’incidente è dirimente per valutare l’eventuale responsabilità penale dell’imprenditrice, tanto che il giudice ha deciso di nominare un perito ingegnere al quale chiedere di ricostruire come si svolsero i fatti, per quanto possibile con le prove acquisite, in quel settembre di ormai cinque anni fa.