VERBANIA - 11-01-2025 -- L’ipotesi non è più di concorso in truffa, ma di riciclaggio. A sei anni di distanza dai fatti e dopo due sentenze, ripartirà da zero il processo per la frode delle finte case vacanza che vede coinvolti due verbanesi. Cinquant’anni il primo, quarantaquattro il secondo, nel 2018, acquistando stupefacenti in Lombardia, incontrarono un allora sessantaduenne di Castellanza che propose loro di agire da prestanome, aprendo conti correnti a loro nome negli istituti di credito di casa per poi mettergli a disposizione le carte bancomat per i suoi affari. Affari che consistevano in truffe on-line nell’affitto di case vacanza. Sono una ventina gli episodi scoperti dalla Procura di Verbania; casi in cui i clienti, dopo aver visto l’inserzione di appartamenti da affittare in estate al mare o in note località di montagna, contattati i venditori, versata la caparra si accorgevano che quelli alloggi in realtà non erano disponibili.
Il denaro raccolto con gli anticipi e transitato sui conti dei due verbanesi, finiva poi a colui che deteneva le tessere bancomat, con le quali prelevava in contanti le somme incassate.
Per l’accusa i tre si sono resi responsabili di una serie di truffe aggravate che, tuttavia, il Tribunale di Verbania ha negato, assolvendoli tutti. La Procura ha impugnato l’assoluzione e nei giorni scorsi la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, annullando la condanna ma prospettando una diversa interpretazione dei fatti. Premesso che il lombardo a capo di questo sodalizio è nel frattempo deceduto con la conseguenza che il resto s’è estinto, per i due verbanesi i giudici di secondo grado hanno prospettato la sussistenza di un diverso reato. Non della truffa, alla quale non hanno partecipato non avendo avuto a che fare – o, comunque, non sono state rintracciate prove a sostegno di questa tesi – con le inserzioni sui social network, le telefonate e le trattative fittizie; ma del riciclaggio. L’aver messo a disposizione il proprio conto corrente -aperto da loro in prima persona- è ritenuta un’azione mirata a far sparire il bottino delle truffe. Si tratta di un reato più grave, con pene più alte. Il fascicolo è tornato ora alla Procura di Verbania, che potrà aprire un nuovo procedimento penale la cui prescrizione è di dodici anni. Dalla data di commissione delle truffe a oggi, infatti, sono trascorsi più di sei anni.