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VERBANIA - 30-01-2025 -- Alcune contestazioni sono state dichiarate prescritte e, confermata la condanna per bancarotta fraudolenta, le pene sono state diminuite. A poco meno di quattro anni e mezzo dalla sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Torino s’è pronunciata sugli ultimi due imputati del fallimento dell’Ossolana srl.

Nel 2015 un accertamento fiscale della Guardia di finanza fece scoppiare il bubbone della società di manutenzione impianti industriali con sede a Fondotoce e cantieri in provincia e nel nord Italia, dalla Liguria alla Romagna. I militari rilevarono la falsificazione dei bilanci 2012, 2013 e 2014, alterati per nascondere pesanti perdite. Il passo successivo, dichiarato il fallimento e subentrato il curatore, portò a scavare ulteriormente nei conti. Emerse così che c’erano state distrazioni di denaro per fini personali, la stipula di finti contratti di lavoro per dare uno stipendio ai parenti degli amministratori anche se questi non erano in azienda, la falsificazione di documenti per avere appalti e linee di credito. Nella consapevolezza che la situazione si stava facendo pesante e che le autorità avrebbero potuto presentare un conto pesante, furono nominati come amministratori sconosciute teste di legno.

Tra patteggiamenti e riti abbreviati sono state definite le posizioni di quasi tutti i soci e gli amministratori di Ossolana. Solo due hanno scelto di andare a dibattimento: Luigi Morelli, il fondatore dell’azienda, e Giuseppe Nasini, il manager della società che, nell’ipotesi accusatoria della Procura della Repubblica di Verbania, era anche l’amministratore di fatto, figura centrale in un fallimento che ha lasciato debiti per 15 milioni di euro.

Nel procedimento di primo grado, al Tribunale di Verbania, Morelli è stato condannato a un anno e quattro mesi; Nasini a cinque anni e quattro mesi (sei anni e mezzo la richiesta della Procura). In secondo grado il tempo trascorso tra i due giudizi ha fatto cadere le accuse di falso, accesso abusivo al credito ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, che sono state dichiarate prescritte. La corte d’Appello ha rideterminato la pena portandola a 3 anni e 8 mesi.