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CANNOBIO - 7-2-2025 -- Accogliamo con piacere un intervento del dottor Stefano Tommasi. Il medico, in forze alla Casa della Salute di Cannobio, dopo 23 anni di servizio come cardiologo ospedaliero, nei mesi scorsi ha scelto la strada della medicina generale. Una scelta che, non nasconde, ha sollevato interrogativi, ma la risposta del dottore è semplice e spiazzante assieme: la vicinanza ai pazienti.
Perchè di sanità e di ospedali si parla ogni giorno, ma sempre più spesso proprio nell'affrontare le complessità dell'argomento tra questioni di sostenibilità economica, strutture, cantieri, si lascia indietro il vero centro di tutto: la persona umana. È a questa considerazione primaria che l'intervento del dottor Tommasi ci riporta, un richiamo forte, ma garbato, al senso più vero dell'essere medico: che significa curare le persone, non la malattia.

Dall’ospedale al territorio: un mito da sfatare

Per anni, la sanità è stata percepita come un sistema ospedalocentrico, in cui l’ospedale rappresenta il fulcro dell’assistenza sanitaria. Tuttavia, questa visione è un mito da superare, poiché la realtà dimostra che una sanità efficace deve basarsi su un’assistenza territoriale organizzata, multidisciplinare e integrata, capace di rispondere in modo più adeguato e sostenibile ai bisogni di salute della popolazione.

Dopo 23 anni di lavoro in ospedale come cardiologo, la mia scelta di lasciare l’ambiente ospedaliero per diventare medico di medicina generale presso una Casa della Salute è stata accolta con perplessità da molti colleghi. Il passaggio dall’ospedale al territorio è spesso considerato un passo indietro nella carriera medica, quasi una rinuncia alla professionalità e alle competenze acquisite. In realtà, si tratta di una sfida stimolante e necessaria per costruire un sistema sanitario più vicino alle persone e più orientato alla gestione della cronicità.

L’ospedale ha un ruolo essenziale nella gestione delle emergenze e delle patologie acute, grazie all’alta specializzazione e all’efficienza dei suoi protocolli. Tuttavia, si sta progressivamente trasformando in una struttura focalizzata sulla risoluzione immediata di problemi clinici, demandando la gestione complessiva del paziente al territorio. Questo modello, se non supportato da un forte sistema di assistenza primaria, porta al sovraffollamento dei Pronto Soccorso, allo sfinimento dei pazienti, spesso smarriti nel percorso di cura, e degli stessi operatori sanitari. Un circolo vizioso che non solo riduce l’efficacia del sistema, ma compromette il benessere di tutti gli attori coinvolti.

Lavorare in una Casa della Salute mi ha permesso di riscoprire il valore di un’assistenza basata sull’integrazione tra professionisti e sulla centralità del paziente. Qui, il medico non è più solo, ma lavora in equipe con altri specialisti, infermieri, assistenti sociali e altri professionisti sanitari, in un sistema che accoglie il paziente con il suo bisogno di cura, facilitando l’accesso ai servizi e garantendo una continuità assistenziale anche a domicilio. Questo modello permette di ottimizzare le risorse sanitarie, riducendo gli accessi impropri ai Pronto Soccorso e garantendo interventi più tempestivi e appropriati.

Oltre all’efficacia clinica, lavorare sul territorio offre un valore aggiunto spesso trascurato: la costruzione di un rapporto di fiducia stabile con i pazienti e le loro famiglie. L’autonomia professionale e la gestione più flessibile del tempo consentono di instaurare un legame più umano con le persone, offrendo loro un punto di riferimento sicuro e costante. Questo aspetto, che talvolta in ospedale si perde a causa dei ritmi frenetici, è fondamentale per garantire una presa in carico globale della persona, andando oltre la semplice cura della malattia.

Questa esperienza ha riacceso in me le emozioni e la motivazione che mi avevano spinto a intraprendere la strada della medicina: il desiderio di conoscenza e di servizio verso gli altri. Oggi, il mio lavoro non è solo una professione, ma un impegno a lungo termine con la comunità, un ruolo che coniuga competenze mediche e umane in un equilibrio che restituisce senso e valore alla cura.

Il futuro della sanità non può più basarsi esclusivamente sull’ospedale: è necessario investire in un modello integrato, che metta al centro il territorio e le persone. Solo così sarà possibile costruire un sistema sanitario più sostenibile, efficiente e realmente vicino ai bisogni dei cittadini.

Stefano Tommasi