1

tribu vb 2022

VERBANIA - 07-02-2025 -- Una grave negligenza nel non disporne il ricovero; una scelta corretta visto il quadro clinico. Sono totalmente divergenti le conclusioni dei periti delle parti nel processo per omicidio colposo a carico di due dottoresse accusate della morte di un malato di Covid. Una, medico di continuità assistenziale; e l’altra, in servizio al 118, secondo il pm Nicola Mezzina non valutarono correttamente le condizioni di un 83enne verbanese ricoverato in una casa di riposo del Verbano nel marzo del 2020.

Affetto da altre patologie, allo scoppio della pandemia accusò problemi respiratori. Il 22 marzo dalla casa di riposo mandarono a chiamare il medico di continuità assistenziale dell’Asl, che decise di tenerlo in struttura, monitorandolo. L’indomani, non migliorando la situazione, venne chiamato il 118 ma, anche in quel caso, la dottoressa in servizio con l’ambulanza valutò che non fosse necessario portarlo al Dea. Il ricovero avvenne il 29 marzo, quando i polmoni erano iperinfiammati. Due giorni dopo sopraggiunse il decesso.

Secondo il dottor Luigi Angelo Demori, perito medico della Procura, entrambe furono negligenti e ignorarono le reali condizioni del paziente che, se fosse stato ricoverato, si sarebbe potuto salvare. Il dottore ha anche riferito di aver faticato a ricostruire dalle cartelle cliniche – l’autopsia, in tempo di pandemia, non fu eseguita – le cure somministrate all’anziano.

“Ci ricordiamo qual era la situazione del marzo 2020?” - ha replicato il professor Gian Carlo Avanzi, docente all’Università del Piemonte orientale di Novara ed esperto di medicina d’urgenza. Il consulente della difesa, che ha lavorato con la commissione tecnica della Regione durante il Covid, ha ricordato, non solo la difficoltà nel curare un virus per cui tutti erano impreparati – “all’inizio si andava a tentativi e alcune cure si sono rivelate nulle o, peggio, dannose”, ha detto rimarcando come i protocolli si scrivessero giorno per giorno – ma anche il quadro generale: la mancanza di posti letto, l’impossibilità a ricoverare, la necessità di fare “triage da tempi di guerra” in cui scegliere chi abbandonare. “Per me – ha concluso – le scelte sono state tutte corrette. Il paziente aveva altre patologie: è morto con il Covid, non per il Covid”.