TREVISO - 16-02-2025 -- Il dissesto di Veneto Banca fu una bancarotta per distrazione, l’esito di rischiose operazioni finanziarie, anche in favore di “amici”, orchestrate da amministratori e manager. È questa la conclusione alla quale è giunta la Procura di Treviso, che in questi giorni ha notificato l’avviso di chiusura indagini nei confronti di 10 persone, la gran parte delle quali facenti capo all’ex istituto di credito di Montebelluna, messo in liquidazione coatta amministrativa nel 2017 e dichiarato in stato di insolvenza nel 2018. Le date, in questa dolorosa – per le decine di migliaia di risparmiatori che hanno perso miliardi di euro – e tribolata vicenda, sono importanti per arrivare a una verità giudiziaria. Il rischio di prescrizione per fatti ormai datati, con questa imputazione si allontana, dal momento che le contestate aggravanti della bancarotta spostano il termine prescrizionale in là, sino al 2032, un periodo ragionevole per un processo che ha avuto una lunga fase di indagine.
I pm Massimo De Bortoli e Gabriella Cama hanno messo insieme una poderosa documentazione: dieci faldoni e oltre undicimila pagine che, unite a un’accurata perizia su operazioni finanziarie sospette, hanno permesso loro di contestare distrazioni di capitale per 320 milioni.
Gli imputati, che ora potranno vedere le carte, chiedere di essere interrogati e produrre a loro volta documenti, sono perlopiù i vertici della Veneto Banca di allora: il direttore generale e amministratore delegato Vincenzo Consoli; i presidenti Flavio Trinca e Francesco Favotto; il condirettore Mosè Fagiani; il membro del cda dal 2008 al 2014 Attilio Carlesso; Romeo Feltrin, vicepresidente del comitato crediti; Daniele Scavaortz, membro del medesimo organo. Il commercialista trevigiano Michele Stiz, già membro del collegio sindacale, deve rispondere anche per la sua attività extra banca, così come l’avvocato Pierluigi Ronzani che, secondo l’accusa, avrebbe presentato -saldata- una parcella per prestazioni professionali inesistenti. È imputato anche Mauro Angeli, amministratore unico della Vimet.
Per i dirigenti Michele Barbisan e Roberto Mescalchin, responsabile della direzione territoriale e membro del comitato crediti, è stata avanzata richiesta di archiviazione.
Tutti e dodici sono stati oggetto di un’indagine effettuata su alcune operazioni sospette, che si possono ricondurre a due tipi differenti. Ci sono i cospicui finanziamenti erogati dalla banca, senza tener conto del rischio, a persone vicine ai manager o ai vertici; ma anche quelli che vengono definiti “indennizzi ingiustificati” attribuiti ad alcuni clienti nel momento in cui il valore delle azioni scendeva. In alcuni casi i finanziamenti servivano per le cosiddette baciate, per poter acquistare azioni e puntellare il capitale di garanzia della banca, eroso dalle svalutazioni.