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VERBANIA - 25-04-2025 - - Il capo, colui che tira le fila dei telefonisti, è chiamato “il magnate”. Vive a Napoli che, secondo la Procura di Verbania, è il cuore dell’associazione a delinquere per la quale gli inquirenti verbanesi hanno chiesto al gip 21 ordinanze di custodia cautelare per altrettanti presunti componenti di una banda di truffatori a domicilio. Il giudice Rosa Maria Fornelli li sentirà tutti a inizio maggio, in tre tranche di un calendario molto serrato, per l’interrogatorio preventivo che la riforma Nordio obbliga a tenere prima che il magistrato decida sulla privazione della libertà personale.

È l’ultimo atto di una lunga indagine sul fenomeno della truffa del falso nipote condotta dai carabinieri del comando provinciale di Verbania che, arrivando fino alla Campania, hanno scoperto una vasta rete che colpiva in tutta Italia. Delle 35 truffe (perlopiù consumate, alcune tentate) contestate, nove sono avvenute nel Vco, in due soli giorni. Il 9 gennaio del 2024 furono sei gli episodi accaduti tra Verbania (tre), Baveno, Cambiasca e Miazzina. Il 23 gennaio la banda colpì a Domodossola, Baveno e Gravellona Toce.

Il copione è sempre lo stesso. Al telefono di anziani residenti in provincia giunge la telefonata di un sedicente carabiniere che informa la vittima di un incidente accaduto a un congiunto (figlio/a, nipote) che rischia l’arresto, per scongiurare il quale è urgente raccogliere una somma di denaro che verrà ritirata da un sedicente avvocato al domicilio della persona contattata. In questo modo, sfruttando una procedura consolidata ma anche nota, per la quale alta è l’attenzione delle forze dell’ordine e numerose sono le campagne informative avviate per mettere in guardia i potenziali truffati, i “cavalli” ritirano denaro, gioielli e monili che poi fanno sparire.

Nell’ultimo anno e mezzo numerosi sono stati gli arresti in flagranza effettuati in provincia, particolarmente in Ossola. Ciò è accaduto anche perché era in corso un’intensa attività del Nucleo investigativo dell’Arma che, partendo dai corrieri, è risalito a ritroso sino ai mandanti.

Il quadro che esce dagli accertamenti – che sono ancora in corso, ma dei quali gli indagati hanno ricevuto notizia come prevede la legge – è quello di un efficace, organizzato e ampio gruppo criminale di base a Napoli, tra i quartieri Ponticelli, dove si reclutano i corrieri; e Forcella, dove si trovano i call center.

È al telefono che una parte dei componenti del gruppo, effettuando ricerche on-line tramite le pagine bianche, individua le potenziali vittime, che chiama a tappeto gettando esche alle quali qualcuno abbocca. E, quando ciò accade, arrivano i cavalli, nel frattempo partiti da Napoli con un’auto a noleggio messa a disposizione dall’organizzazione e spesso soggiornanti la notte prima in loco, che arrivano a casa, recuperano la refurtiva e, in giornata, rincasano consegnando il maltolto.

I militari hanno documentato l’intera filiera e sono così risaliti, nel periodo di osservazione, ad altre decine di truffe messe a segno ovunque: in Toscana (Lucca, Pisa, Prato e Siena), Liguria (Rapallo e La Spezia), Lombardia (Brescia), Emilia Romagna (Ravenna e Modena), Veneto (Padova, Rovigo e Piemonte (Alessandria).

Gli indiziati di questa tranche – sono in corso altre indagini simili, sviluppate proprio dagli arresti effettuati negli ultimi tempi – sono, come detto, ventuno: undici uomini e dieci donne tra i ventuno e i sessantasei anni di età, con una media al di sotto dei quaranta.