VERBANIA - 29-04-2025 -- Tra carcere, arresti domiciliari e obbligo di dimora, da un anno non sono più pienamente padroni della propria libertà. Eppure, non solo non sconteranno alcuna pena, ma non saranno nemmeno condannati. È un caso di giustizia paradossale tra misure cautelari ed esito penale quello che s’è definito oggi davanti al gup del Tribunale di Verbania. Un caso di cronaca che aveva suscitato un certo clamore mediatico per le modalità con cui s’era verificato ma che, alla prova del codice, s’è ampiamente ridimensionato, sino a sgonfiarsi quasi del tutto.
I protagonisti sono un 41enne commerciante di Verbania e il nipote di 26 anni che, la notte tra il 27 e il 28 aprile dell’anno scorso, stavano trascorrendo la serata in un conosciuto pub della città. In quel locale incontrarono un uomo di 41 anni che si trovava in compagnia di un collega di lavoro e al quale promisero un passaggio verso casa. Per motivi mai del tutto chiariti dalle indagini, zio e nipote – con l’auto di quest’ultimo – anziché portare l’ospite a destinazione, ebbero nell’abitacolo una discussione che sfociò in aggressione e che li portò a deviare dal percorso originale. Il più grande colpì la vittima in testa con una borraccia e, poi, infierì provocandogli traumi che, nella successiva visita al Dea, furono giudicati guaribili in 28 giorni. Quel pestaggio terminò sulla strada per Santino, dove l’aggredito venne scaricato al limitare della carreggiata, prima che albeggiasse.
Rimessosi e allertati i soccorsi, l’uomo fu portato in ospedale e denunciò l’accaduto alle forze dell’ordine. In pochi giorni le indagini, avviate dalla testimonianza raccolta e dalle immagini della videosorveglianza, portarono all’identificazione di zio nipote, che vennero fermati dalla polizia. Il gip non convalidò l’arresto non ravvisando la flagranza ma, ritenendoli pericolosi, ne dispose l’incarcerazione. Dopo mesi nella casa circondariale di Pallanza la misura s’è attenuata nei domiciliari e, ora, nell’obbligo di dimora a Verbania. Nel frattempo, assistiti, uno dall’avvocato Gabriele Pipicelli, l’altro dai colleghi Stefano Morisetti e Christian Ferretti, i due hanno definito la loro posizione giudiziaria. Accusati di sequestro di persona e di lesioni aggravate, hanno optato sui riti alternativi della legge Cartabia. Per il sequestro di persona, che la riforma ha reso procedibile su querela, hanno presentato un’offerta reale di risarcimento pari a 20.000 euro, che la controparte ha rifiutato (la richiesta era di 200.000) ma che il gup ha ritenuto congrua, tanto da disporre nell’udienza odierna l’estinzione del reato. Quanto alle lesioni, entrambi hanno chiesto la messa alla prova che, accordata, sarà definita a novembre, quando l’Uepe avrà autorizzato il piano di trattamento. Non verrà pronunciata alcuna condanna, la sentenza resterà sospesa sino al completamento positivo dei lavori socialmente utili, che chiuderà il procedimento penale estinguendo il reato.
In questi giorni le difese presenteranno al giudice la richiesta di revoca del divieto di dimora e il ritorno alla piena libertà personale.
