VERBANIA - 03-05-2025 -- Per la Procura i suoi modi severi non furono solo eccessivi, ma addirittura violenti. Lui, però, li nega del tutto e, nel difendersi, fornisce spiegazioni sui singoli episodi e addebita il caso al suggestionamento reciproco – “ma in buona fede”, dice – dei genitori e alla mancanza di un sereno incontro chiarificatore. “Non ho potuto parlare, me l’ha sconsigliato anche il preside” – ha detto al giudice il 61enne maestro di scuola elementare che, in due istituti della provincia, sarebbe stato responsabile di punizioni agli alunni che la Procura ha qualificato come maltrattamenti, reato ben più grave di quello di abuso dei mezzi di correzione che, di norma, viene contestato in circostanze analoghe.
I fatti risalgono al biennio 2018-2019 e riguardano cinque alunni. L’accusa è di averne sgambettato uno iperattivo, di averne spinto un altro sotto il banco, di aver tirato gli orecchi a un terzo, di aver punto con la matita la mano di due alunne che non stavano disegnando bene. Le denunce vennero sporte non nell’immediatezza dei fatti, ma dopo che alcune mamme ne avevano parlato tra di loro in una chat di whatsapp e s’erano incontrate di persona. Il processo è stato istruito sugli atti dell’incidente probatorio quando, a un anno di distanza dalla denuncia, i bambini furono sentiti in audizione protetta dal giudice. Nessuno di loro è più stato chiamato in aula e il dibattimento è stato condotto ascoltando genitori, colleghi e anche il preside.
Il maestro, che ha parlato per ultimo, è partito dal suo metodo. “Che potrà sembrare originale, inconsueto, ma che prevede il dialogo e non l’opposizione fisica, la consapevolezza anziché la punizione. Ho sempre parlato agli alunni, forse troppo – ha detto –. E quando i pettegolezzi sono circolari e ne ho parlato col dirigente scolastico, non ho avuto la possibilità di spiegarmi”. Nell’evidenziare di non aver mai ricevuto un provvedimento disciplinare, né di avere avuto contestazioni dagli altri colleghi coi quali spesso lavorava in compresenza, ha spiegato che il giorno in cui si incontrò coi genitori da solo, fu accusato e non riuscì nemmeno a difendersi preferendo, come gli era stato consigliato, di andarsene”.
Quanto agli sgambetti e alle tirate d’orecchie… “mai accaduti, così come non ho punto le mani delle alunne. Forse a una, che mi porgeva il disegno perché glielo firmassi, ho passato inavvertitamente la matita sul dorso, ma non è stato un gesto volontario”.
Il docente ritiene di non essere vittima di un complotto, ma delle circostanze. Afferma di non ritenere che i genitori si siano coalizzati contro di lui inventandosi quei fatti, ma che il parlarne li abbia suggestionati e abbia reso verosimili alcune dicerie. Come quella per cui – non contestata dalla Procura ma riferita da alcune mamme – durante le lezioni mostrasse di filmati con contenuti pornografici.
