
ROMA - 25-6-2025 -- La Legge 69/2019, cosiddetta ‘codice rosso’, con l’art. 12 ha introdotto nel codice penale il nuovo art. 583-quinquies che così prevede: ‘Chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da otto a quattordici anni. La condanna ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno’.
La norma ha creato una figura autonoma di reato che precedentemente era considerata un’aggravante. Ma non sono mancate critiche da giuristi e tribunali perché la norma non distingue in base alla gravità della lesione o della volontà di procurarla, costringendo il giudice ad applicare la sanzione severissima che va da otto a quattordici anni senza poter effettuare altre valutazioni (circostanze, personalità del reo, volontà, gravità, ecc.).
Il 20 giugno 2025, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 83, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’intero articolo.
In particolare, il primo comma dell’articolo 583-quinquies è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata – reclusione da otto a quattordici anni – sia diminuita, in misura non eccedente un terzo, quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, oppure per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità; il secondo comma dello stesso articolo è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui stabilisce che la condanna o il patteggiamento per il reato in questione comporta l’interdizione automatica e perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno, anziché prevedere che tale pena accessoria sia applicabile facoltativamente dal giudice, in base agli ordinari criteri discrezionali e nel rispetto del limite legale di durata massima di dieci anni.
La Corte costituzionale ha riscontrato la violazione degli articoli 3 e 27, commi primo e terzo, della Costituzione, quanto ai principi di proporzionalità, individualizzazione e finalità rieducativa della pena, per il carattere eccessivamente rigido del trattamento sanzionatorio.
L’ampiezza delle ipotesi previste dall’art. 583-quinquies cp è in grado di abbracciare anche lesioni relativamente modeste, a volte procurate in contesti di aggressività minore e occasionale, e senza dolo intenzionale e comporta che possano a essa ricondursi condotte, più tenui delle altre, rispetto alle quali l’applicazione automatica e la durata indefinita della pena accessoria risultino ingiustificate, ecco quindi la necessità costituzionale di rimuovere i caratteri di obbligatorietà e perpetuità della sanzione interdittiva. Per l’interdizione perpetua ci si riaffida, quindi, alla valutazione e alla discrezionalità del giudice.
Carlo Crapanzano
