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VERBANIA – 04.11.2015 – Diego Brignoli patteggerà.

La strategia giudiziaria, ancorché non ufficializzata, è questa. E è sul tavolo da tempo, così come le sue dimissioni. È almeno dall’8 maggio, giorno in cui ha ricevuto l’avviso di chiusura indagini, che ci pensa. Anzi. In più occasioni l’ha anche annunciato come imminente. Poi, però, ha dovuto fare i conti con i tempi lunghi della giustizia, con le vicende politiche cittadine, con le aspettative dei suoi sostenitori, con mille dubbi e un incarico da portare avanti…

Che l’ex presidente del Consiglio comunale viva da mesi in uno stato di tensione e oppressione è evidente. Perché, da persona intelligente, sa benissimo che di fronte al giudice c’è poco da fare: alcune delle firme che ha autenticato sono state prese altrove e, anche se tutte regolari, così non potevano essere raccolte. Nei verbali del fascicolo firmopoli ci sono decine di dichiarazioni che lo accusano. Tra le firme della lista “Con Silvia per Verbania” del capolista Roberto Gentina – il primo a vacillare nelle sue certezze durante la testimonianza raccolta dal pm – alcune sono state prese a casa, altre dal meccanico, altre in luoghi diversi. La colpa di Brignoli è quella di essersi prestato per tutti e di averlo fatto con la fiducia che tutto fosse in regola (circostanza vera) e la leggerezza di una legge che, giusta o sbagliata, così è. Ma Brignoli è anche onesto intellettualmente e, anziché prendersela con le leggi o sviare dal problema, ha sempre ammesso come erano andate le cose, recitando il mea culpa e preparandosi al giudizio.

Il suo stato d’animo è cupo proprio perché, fondamentalmente, è una persona onesta che dovrà subire l’onta di una condanna – perché a tale è assimilato il patteggiamento – senza aver tratto un beneficio e pagando per tutti. Fuori dalla corsa a sindaco, avrebbe potuto benissimo chiamarsi indietro e demandare a altri le operazioni elettorali. Eppure s’è prestato con le conseguenze che sappiamo. Finendo per di più in disparte, perché una volta piombato in firmopoli, al di là di qualche comunicato di circostanza, è stato lasciato alla deriva, abbandonato al suo destino.

Un po’ come alle primarie, dove tutto è cominciato. Brignoli era l’uomo del partito, gradito all’establishment, vicino al vicepresidente Aldo Reschigna del quale è sempre stato un fedelissimo. È stato travolto dal dinamismo di una candidata – Silvia Marchionini – ambiziosa e tenace, abile, insieme alla sua squadra, a capire che le primarie (le vere elezioni) erano una lotta voto a voto, che con determinazione ha portato a casa.

Messo da parte, Brignoli s’è candidato consigliere, ha incassato 383 preferenze (più di tutti) e ha provato a portare avanti una linea politica diversa da quella del sindaco, che però gli ha sempre dato scacco, innanzitutto estromettendolo dalla giunta. Brignoli ha perso contro Marchionini nel dopo-elezioni perché, da politico vecchio stampo, ha pensato di discutere all’interno con le armi del confronto e del dialogo. Ma la politica rottamata non è più così. C’è un uomo – in questo caso una donna – al comando, che decide perché ha il ruolo e gli strumenti, e che spesso pone anche i suoi di fronte alle scelte compiute. Al “prendere o lasciare” nessuno ha la forza o il coraggio di lasciare e, quindi, via dritti come un treno. È questo ciò che Brignoli contesta a Marchionini, che dal canto suo interpreta l’amministrazione come l’obbligo di affrontare i problemi e di decidere, senza indugi o vecchie liturgie. La critica è la stessa dell’ex assessore Damiano Tradigo, non a caso anch’egli fuoriuscito e dimenticato.

Non sappiamo se, tra qualche giorno, l’ex presidente si sfogherà davvero e che ha scritto riservatamente al segretario Riccardo Brezza e al capogruppo Davide Lo Duca e che alle persone più vicine confida. Certo, le dichiarazioni che ha letto il giorno dopo le sue dimissioni non gli hanno fatto piacere. Anche se poteva immaginare che la “scusa” dell’inchiesta avrebbe preso il sopravvento sulle motivazioni politiche addotte, non si aspettava d’essere liquidato così. “Povero Diego”, “grazie Diego”, “ciao Diego, teniamoci in contatto e non perdiamoci di vista”.