VERBANIA - 22-07-2021 -- Il consulto col chirurgo ortopedico di oggi dirà se il pollice dell’assistente di polizia è da operare ma, intanto, la prognosi ha già superato i 40 giorni e il capo d’imputazione è cambiato. Lesioni aggravate è il reato che il pm Anna Maria Rossi ieri ha contestato in udienza a Maringlen Stojani, il 37enne verbanese d’origine albanese che il 1° maggio fu arrestato, insieme alla sorella Marinela (di 32 anni), per aver aggredito la polizia durante un controllo anti-Covid al di fuori di un bar del centro di Intra.
Per il “trambusto” di quella domenica sera (nella colluttazione la donna sfilò anche la pistola a un poliziotto), al Tribunale di Verbania è in corso il processo per direttissima.
Un processo in cui ai due imputati, accusati di lesioni e resistenza in concorso, è stata rifiutata la messa alla prova -lavori socialmente utili per l’estinzione del reato- e sul quale incidono le polemiche scaturite nell’immediatezza dei fatti, quando l’avvocato degli Stojani, Gabriele Pipicelli, diffuse parti di un video girato da un balcone che documentava la parte finale dell’intervento anticipando, a nome dei suoi assistiti, denunce contro i rappresentanti delle forze dell’ordine per l’eccessivo uso della forza fisica.
L’esposto è stato depositato martedì in Procura, insieme al video. È contro ignoti (si chiede agli inquirenti di identificare i protagonisti), ma è stato sufficiente perché, all’udienza di ieri mattina, si discutesse sul ruolo che avrebbero dovuto assumere i testimoni. Alla fine il giudice Beatrice Alesci ha deciso di sentirne quattro (un quinto era assente) come potenziali indagati in altro procedimento -l'iscrizione nel registro delle notizie di reato non c'è-, cioè con l’assistenza di un legale. Era presente l’avvocato Canio Di Milia, che difende come parte civile tre poliziotti rimasti feriti nella colluttazione, compreso quello più grave, che ha subito la rottura del pollice e che ha ancora problemi di mobilità.
Il racconto degli operanti s’è focalizzato sulla ricostruzione di quelle concitate fasi, quando al passaggio davanti al bar dell’auto civetta, con a bordo tre poliziotti in borghese, Maringlen Stojani risposte con grida e frasi ad alta voce incomprensibili. Il veicolo si fermò, gli occupanti scesero e chiesero i documenti ai due fratelli, che gli parvero alticci (circostanza che i diretti interessati negano). Volarono parole grosse e, poi, ci fu uno scontro fisico concluso, a fatica, con l’arresto portato a termine quasi una mezzora dopo e a seguito dell’arrivo di una prima Volante, d’una pattuglia della Polstrada e di una seconda volante.
A seguito dell'aggravamento del capo d'imputazione (per le lesioni gravi il codice penale prevede una pena da 3 a 7 anni), l'avvocato Pipicelli ha chiesto la trasmissione degli atti alla Procura, per istruire un nuovo procedimento in udienza preliminare. Il giudice Alesci ha respinto l'istanza. Il procedimento è stato aggiornato a ottobre. Sono invece al vaglio della Procura la querela degli Stojani ma anche quella, depositata già da due mesi, sporta dai poliziotti per l'oltraggio e per la sottrazione della pistola, inizialmente contestata come rapina, accusa non convalidata e lasciata cadere,