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VERBANIA - 12-12-2021 -- Banchi semivuoti, fasce tricolori diradate e spalti sguarniti. È questa l’immagine, l’antitesi del novembre del 2019, che restituisce il Consiglio comunale aperto sul tema della sanità che s’è tenuto ieri mattina al palasport di Verbania. La “chiamata alle armi” (politica, s’intende) del sindaco Silvia Marchionini, che ha persino pagato spot pubblicitari e mandato in giro per la città un’auto con altoparlante per attirare cittadini all’assemblea e consolidare una posizione comune del Verbano, è caduta nel vuoto.

Dei circa duecento presenti sulle tribune del palasport (grossomodo un sesto di quelli radunatisi due anni fa, quando forte fu la reazione di fronte al progetto della Regione di un nuovo ospedale in Ossola e di un “Castelli” declassato), la buona parte erano addetti ai lavori, esponenti di partito o di movimenti e associazioni.

Sul parquet, tra le istituzioni, hanno spiccato più che le preannunciate sedie vuote dei consiglieri di minoranza (tranne l’indipendente Giorgio Tigano e il M5S Raffaele Russo), quelle dei sindaci. Se ne sono presentati tre: Giacomo Archetti di Vignone (membro della rappresentanza Asl e candidato alle elezioni provinciali col centrosinistra), Matteo Lanino di Ghiffa, Pierangelo Ballardini di Caprezzo. Assenti tutti gli altri, compresi esponenti del Pd, un dato rilevante perché, voluto o meno nelle intenzione dei proponenti, il Consiglio comunale aperto è diventata una questione politica.

Si spiega in parte così, per esempio, l’invito declinato dalla direttrice dell’Asl Chiara Serpieri che, da manager alle dipendenze della Regione, ha spiegato di attenersi al suo ruolo e di confrontarsi nelle sedi istituzionali. Del resto mancavano i suoi datori di lavoro: il governatore Alberto Cirio, l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, e anche il capogruppo della Lega Alberto Preioni, così come i parlamentari del centrodestra, da Mirella Cristina ad Alberto Gusmeroli, passando per Enrico Montani. Unico in sala il democratico Enrico Borghi.

Per come la giornata era stata impostata, un attacco politico sulla sanità alla gestione regionale di centrodestra portato dal centrosinistra col supporto (mancato) della popolazione, è stata un fallimento di Marchionini.

Sul piano tecnico, perché pur sempre di un Consiglio si trattava, la sintesi è l’ordine del giorno proposto dal capogruppo Pd Alice De Ambrogi che impegna sindaco e giunta “a far pervenire le suddette indicazioni alla Regione Piemonte e all’Asl Vco perché possa finalmente instaurare un confronto proficuo e costruttivo per addivenire ad una soluzione non più rinviabile di tutte le problematiche sopra argomentate ed esposte”.

Problematiche che partono dall’ospedale “Castelli”, dai suoi servizi tagliati in tempo di pandemia -col sospetto che “sia un grimaldello per chiudere il Dea”- e dalla decisione di concentrare lì, prima che a Domo, tutti i pazienti Covid della provincia; e che proseguono con la mancanza di medici di famiglia, le lunghe liste d’attesa, la carenza di personale, la mancanza di programmazione regionale.

Su questo punto l’accusa, tutta politica, è per i tempi lunghi d’una decisione che tarda ad arrivare e ha a che vedere con l’accesso alle risorse finanziarie del Pnrr e dell’Inail per l’edilizia sanitaria, queste ultime finora, ancora sulla carta, legate all’ospedale nuovo di Ornavasso.

Il nosocomio unico è stato il convitato di pietra del Consiglio aperto. Mai apertamente rivendicato, rimane in sospeso e si preannuncia come il terreno di scontro che verrà sulla sanità del Vco, in attesa che Torino -oggettivamente in ritardo- chiarisca le sue intenzioni.

Contro questa ipotesi s’è esposto Tigano, autore di un ordine del giorno in difesa degli ospedali esistenti che è stato respinto dalla maggioranza.

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