VERBANIA - 23-12-2021 -- Fa discutere e lascia strascichi politici interni la tornata elettorale che sabato ha visto l’elezione del presidente della Provincia e del Consiglio provinciale. Il macchinoso sistema di voto partorito con la mai compiuta riforma Delrio ha tolto le preferenze ai cittadini, trasferendole a sindaci e consiglieri comunali. Un’elezione di secondo grado, con eletti come elettori dove, di norma, i giochi si fanno a tavolino tra le segreterie di partito.
Di norma perché, stavolta, qualcuno ha sbagliato i conti. E non solo al seggio unico presieduto dal segretario generale dell’ente Giuseppe Testa, dove ancora ieri -dopo lunedì, quando l’elenco degli eletti è stato sovvertito- s’è provveduto al riconteggio delle schede, ma pure nelle segreterie di partito. In casa centro-destra a uscire con le ossa rotte dalle elezioni è Fratelli d’Italia, che non avrà nemmeno uno dei sei posti di consigliere di maggioranza. Il partito di Giorgia Meloni aveva rivendicato due candidature, proponendo l’uscente Damiano Colombo (consigliere a Verbania) e Fabrizia Maggiola (a Casale Corte Cerro). Il primo ha ottenuto 1.731 voti ponderati, piazzandosi terz’ultimo e incassando, oltre al suo voto verbanese -che pesa 574- altre 7 preferenze: 5 in comuni piccoli e 5 in quelli della fascia fino ai 5.000 abitanti. La seconda è stata al centro di un vero e proprio “caso” perché le sue 3.110 preferenze ponderate sono risultate (anche al riconteggio di ieri), 4 in meno di quelle attribuite alla neo-leghista Magda Verazzi. La strategia di avere due candidature anziché di puntare su un solo nome non ha pagato per Fratelli d’Italia, che si trova del tutto esclusa dall’assemblea provinciale. Al conto che aveva fatto il partito, peraltro, manca all’appello un voto pesante tra Omegna e Domodossola che, spulciando tra i risultati -perché il voto è segreto, ma la ponderazione per classi demografiche lo rende tracciabile- parrebbe finito al centrosinistra, probabilmente a Lucio Scarpinato (che nel 2019 fu candidato alle Regionali per l’Udc, a fianco di Alberto Cirio, ma ora sta nella maggioranza di centrosinistra a Verbania sotto insegne civiche). Fdi per Maggiola s’aspettava 4 voti: i tre omegnesi di Federica Pozzi, Roberta De Lorenzi e Giuseppe Formigoni; e quello domese di Angelo Tandurella. Ne sono arrivati 3, con conseguenti attriti interni nemmeno troppo nascosti a giudicare dal post di Facebook del coordinatore Luigi Songa: “il tradito potrà anche essere un ingenuo, ma il traditore resterà per sempre un INFAME...”.
Scarpinato s’è salvato per quel voto pesante non di partito e per un altro giunto probabilmente da Omegna. Diversamente sarebbe stato estromesso, un fatto che avrebbe accentuato il dissenso interno per l’esito delle elezioni provinciali. Il capoluogo, che proponeva Scarpinato e l’ex assessore alle Finanze Cinzia Vallone, potendo contare su 23 voti da 574 l’uno (con l’eventuale appoggio del M5S), se li avesse equamente distribuiti non avrebbe rischiato. Ciò è accaduto perché, a sorpresa, quattro voti sono andati al bavenese Emanuele Vitale, con disappunto di molti, a iniziare dal sindaco Silvia Marchionini. Nel suddividere le preferenze il Pd non è riuscito a far entrare in consiglio Gianni Morandi, sindaco di Gravellona Toce, consigliere e capogruppo uscente, presidente della Rappresentanza dei sindaci dell’Asl Vco, papabile candidato presidente e nome pesante del partito, finito trombato con un evidente indebolimento della rappresentanza politica dem.
Sempre in tema di questioni verbanesi, le elezioni provinciali hanno sancito anche la fine del cosiddetto “patto federativo” che Fratelli d’Italia fece, due anni fa, con i tre fuoriusciti della Lega che avevano dato vita al gruppo autonomo Prima Verbania: Mattia Tacchini, Katiuscia Zucco e Attalla Farah. Già da tempo l’attività comune languiva e la scelta di non sostenere Colombo ha portato le parti, lunedì, a inoltrare una nota stampa congiunta che chiude amichevolmente la collaborazione politica.