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VERBANIA – 04.02.2017 – Assolto perché il fatto non sussiste.

Accusato di evasione per aver mancato un controllo della polizia che doveva verificare che stesse scontando gli arresti domiciliari, Cristian Spina è stato salvato dalle circostanze non del tutto chiarite di quel controllo.

La sera del 25 febbraio 2014 due agenti suonarono al citofono di casa e, non ricevendo risposta, valutarono che era assente, redigendo annotazione di servizio e denunciandolo. Nel processo cui è stato sottoposto e che s’è tenuto nei giorni scorsi al tribunale di Verbania, le versioni contrastanti dei testimoni hanno reso difficile chiarire con esattezza come si svolsero i fatti. Per uno degli agenti che intervenne, la luce dell’appartamento del giovane era accesa, come si poteva vedere dall’atrio della palazzina perché l’alloggio è situato al primo piano e la stanza che unisce cucina e sala s’affaccia sulla strada. Un’amica dell’imputato, invece, ha raccontato che loro due, insieme alla fidanzata di Spina, hanno trascorso la sera insieme a chiacchierare e non hanno sentito il citofono suonare. Per il pm Anna Maria Rossi le circostanze dell’evasione erano chiare e, per questo, ha chiesto una condanna a 8 mesi. “Come mai il dettaglio della luce accesa non fu scritto nel verbale e ricordato solo in aula?”, s’è domandato l’avvocato Gabriele Pipicelli che ha sottolineato come senza prove inequivocabili, a meno di non considerare come false le altre testimonianze, si dovesse concludere che il ragazzo era realmente in casa, testi accolta dal giudice Raffaella Zappatini che l’ha assolto.