DOMODOSSOLA- 23-08-2020-- Oggi siamo tutti scontenti,
ipercritici, negativi. Piove, governo ladro. Chi se lo ricorda? La ragione? Nulla funziona, ladri, caste, delitti, crimini. Perché? Perché non conosciamo l’uomo, né la sua natura. Chi è l’uomo? Ardua domanda. L’uomo possiamo conoscerlo indirettamente, poiché non è accessibile da una prospettiva razionale, deduttiva, induttiva. In questi ambiti restiamo sempre alla superficie di questo essere complesso, non pervenendo mai alla conoscenza della mente oscura che lo governa. Possiamo tentare di parlarne, con enorme approssimazione, seguendo il metodo platonico, descrivendolo per enigmi, paradossi, miti, religioni.
Nella nostra tradizione si dice di condannare il peccato, ma non il peccatore. Lo ricaviamo dalla riflessione degli insegnamenti di Gesù, che in Giovanni 8, 1-11, rispondendo alle insidie degli scribi e dei farisei, dinanzi alla pretesa condanna di una donna colta in adulterio, secondo la legge mosaica, rispondeva, chi è senza peccato, scagli la prima pietra. All’allontanamento volontario e sdegnato dei farisei, Gesù, rimasto solo con la donna, tornando a lei, chiedeva chi l’avesse condannata. Nessuno, rispondeva la donna. Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più.
Perché Gesù contravviene alla legge di Mosè, quella del taglione, occhio per occhio, dente per dente?
Perché Gesù conosce l’uomo, conosce la mente umana, sa quali tentazioni, quali equilibri, sforzi, misteri lo avviluppano.
Non siamo mai perfettamente consapevoli delle nostre azioni, dei nostri peccati. Neppure quando agiamo a fin di bene. Non sappiamo dove riposa la radice dei nostri pensieri, di quei pensieri, proprio quelli, che ci spingono ora al bene ora al male.
Può la scienza percepire questo iato, il baratro che separa l’azione dalla consapevolezza?
Due esempi, per rispondere.
Il primo.
Nel 1971, un gruppo di ricercatori, sotto la direzione del professor Philip Zimbardo, dell’Università di Stanford, a Palo Alto, nel tentativo di indagare il comportamento umano, sotto il profilo psicologico e collettivo, propose a un gruppo di volontari di “vestire” i panni di guardie carcerarie, mentre ad altri quello di detenuti.
Presso il seminterrato dell’Istituto di psicologia di quell’università si riprodusse fedelmente l’ambiente di un carcere.
Dopo una severa selezione, si scelsero 24 studenti maschi, selezionati secondo criteri di equilibrio, assenza di aggressività e appartenenti al ceto medio. In modo casuale si attribuirono i vari ruoli, 12 carcerati e 12 secondini, affidando loro le relative divise e, per i carcerati, un numero univoco sia davanti sia dietro la tenuta carceraria, un berretto di plastica, una catena a una caviglia; dotando i carcerieri di uniformi color kaki, occhiali da sole riflettenti, per non essere visti in viso, manganello, fischietto e manette, e concedendo loro un ampio potere decisionale volto al mantenimento dell’ordine.
Dopo alcuni giorni dall’inizio dell’esperimento, la violenza prese a serpeggiare, i detenuti si strapparono le divise, barricandosi nelle celle. Per contro, i secondini costrinsero i detenuti a cantare canzoni oscene, a defecare nei secchi e a pulire le latrine con le mani. La situazione rischiò di sfuggire di mano, al punto che, anche a causa delle sommosse e delle barricate dei detenuti, si decise di interrompere precipitosamente l’esperimento.
Come è facile notare, una finta prigione si era trasformata in un carcere vero.
Secondo esempio.
Forse non tutti sanno che esiste un singolare fenomeno di maternità maschile, definito come Sindrome di Couvade. La maternità è una pertinenza fondamentalmente femminile, materna. A volte si parla di gravidanza isterica, ovvero, falsa gravidanza. È un fenomeno piuttosto noto e che ha una discreta frequenza clinica. Sembra che la pseudociesi, termine più propriamente medico, sia di natura psicosomatica. Eppure, il risultato fisiologico, a volte è ben visibile a occhio nudo. I sintomi sono uguali a quelli di una vera gestazione, rigonfiamento dell’addome, nausea, vomito, aumento di peso, desideri simili a quelli di una gravidanza vera e propria.
Lo stesso accade all’uomo con la sindrome sopra accennata, la couvade, la covata, in francese, che accade al futuro papà a imitazione e per simpatia con la condizione della moglie, presto futura mamma.
Ecco due esempi che rivelano la complessità della psiche umana, la sua condizionalità, la sua permeabilità, fragilità. A questi se ne possono aggiungere molti altri, anche più complessi, più sorprendenti, più drammatici.
L’uomo? L’uomo è questo. La sua mente? La sua mente è oscura, inspiegabile, anche per la scienza, almeno sino a oggi. Servono gli psicologi, gli psichiatri, gli psicofarmaci? Aiutano. Aiutano. Eppure prima della moderna disciplina dell’anima, dalla psicoanalisi alla psichiatria, si viveva lo stesso. C’erano i confessori, le nonne, le mamme, gli amici, il mondo.
Per tornare alla politica? Condanna il peccato, ma non il peccatore. Dice l’adagio antico. Quindi? Condanna la politica, non il politicante. Perché la politica, nella sua mostruosa complessità, se priva, come oggi, di un orizzonte ideologico, e ancor prima, etico e religioso, non può che non essere quello che appare ogni giorno sotto i nostri occhi. Un abisso, un orrore, specchio di questi tempi, specchio di quest’uomo immorale.
Rocco Cento